La leggenda vuole che verso la metà del 1500 alcuni contadini di Gibellina e di Santa Ninfa di ritorno da una fiera di bestiame dall’agrigentino, prima di separarsi per raggiungere ognuno il proprio paese, in mezzo ad un torrente, presumibilmente nelle vicinanze dell’odierna contrada Rampinzeri, trovarono un Crocifisso. Subito iniziarono le discussioni in quale paese si dovesse portare il Crocefisso, di comune accordo i contadini decisero di adagiare il Crocefisso su un carro trainato dai buoi liberi di andare dove volevano. I buoi abbandonati a se stessi si diressero verso Gibellina, ma non entrarono in paese, si fermarono circa 700 metri prima e non ci fu modo di farli muovere, così che il Crocifisso fu portato a Gibellina, nella chiesa di Santa Caterina, che era la chiesa più antica del paese. Sul luogo dove si fermarono i buoi vi fu fatta solenne promessa di edificare una chiesa e ogni tre anni fare solenni festeggiamenti in onore del Ss. Crocifisso [LEGGI QUI IL PROGRAMMA DEI FESTEGGIAMENTI DI QUEST’ANNO].
Nel giro di due anni venne costruita una chiesa e con solenne processione il Ss. Crocifisso fu trasferito dalla chiesa di Santa Caterina a quella sua, la chiesa di lu Signuri nei pressi dell’attuale cimitero vecchio. In quella chiesa arrivò ben presto una piccola comunità di francescani, la quale si occupava della cura degli ammalati, e così cominciò l’usanza di seppellire nella nuda terra i defunti più poveri ed umili dietro la chiesa del SS. Crocefisso. Si decise pure che i festeggiamenti in onore del SS. Crocifisso si facessero la prima domenica di maggio e che ad organizzarli fosse il ceto dei contadini, detto dei borgesi, cioè coloro che possedevano terreni, proprietari di medi appezzamenti di terreni con muli e attrezzi per la coltivazione, contadini benestanti che avevano la possibilità di allevare bestiame. I contadini poi soggetti sempre all’intemperie della natura che minacciavano i loro raccolti sentivano più degli altri il bisogno di ringraziare Dio, essi si unirono in una confraternita detta comunemente la “deputazione di lu Signuri”. Ogni anno dal 1500 fino ai primi del 700 i festeggiamenti si facevano nel quartiere di Santa Caterina, consistevano nella processione e dietro dei muli bardati a festa con paramenti, che portavano del frumento che era stato promesso al SS. Crocifisso.
Nel 1700 il paese, grazie al governo della famiglia Morso-Naselli, ebbe un grande sviluppo economico e anche demografico, sorsero nuovi quartieri, San Nicola, Sant’Antonino e calvario, i cittadini e gli altri ceti così incominciarono a fare pressioni perché la festa si allargasse a tutto il paese. […] Con lo spostarsi della festa in tutto il paese abbiamo l’introduzione di 2 novità, il palio e il prisenti. […] Quest’ultimo è un drappo di seta di colore verde con dei fiori colorati simbolo dell’abbondanza, tessuto con il telaio dalle moglie dei borgesi, poteva essere portato da 15 muli, ma nel 1947, anno in cui a Gibellina si festeggiarono tutti i Santi per ringraziarli della fine della guerra, vi fu una grande richiesta di giovani burgisi di cavalcare i muli portando il prisenti, la deputazione lo fece allungare aggiungendo così altri 10 posti per muli. Attualmente al prisenti vanno soltanto 9 muli, in quanto durante il terremoto del 68 fu gravemente danneggiato, in quanto rimase sotto le macerie della casa del cassiere.
[…] La festa della seconda domenica di maggio durava 2 giorni, il venerdì precedente alla festa verso l’imbrunire i fedeli si recavano in piazza matrice per adorare la Croce appesa alla parete della chiesa madre, rivolgendosi al Signore con queste parole: “Gesù Gesù, Santa Croce aiutami tu”, dopo l’adorazione della Croce in piazza matrice venivano portati i muli che dovevano portare il prisenti l’indomani per la benedizione degli animali. La mattina del sabato all’alba si apriva la festa con lo sparo di 33 colpi di mortaretti. […] Finite le corse (dei cavalli, ndr) nella chiesa madre veniva celebrata la messa e poi usciva la processione. Tutte le congregazioni partecipavano alla processione con questo ordine, davanti il tamburo, dopo le congregazioni, l’ordine di precedenza delle quali si basava era la data di fondazione la più antica era quella dei Sette Dolori, (l’odierna Addolorata), poi vi era il popolo, il prisenti portato a mano, ma sempre con l’asta, perché va portato sempre in numero dispari, poi il clero, la vara con il SS. Crocifisso, cui sopra veniva adagiato qualche bambino malato e dietro seguivano le persone scalze che avevano ricevuto una grazia e chi aveva promesso un grosso cero, per ultima la banda musicale. Quasi tutte le persone durante la processione accendevano delle candele distribuite dalla congregazione.
[…] L’ultima festa nella Gibellina vecchia fu fatta nel 1966, nella Gibellina nuova grazie ad un gruppo di anziani confratelli che hanno portato avanti la congregazione è stato possibile tramandare questa tradizione e si sono fatte con quella di quest’anno quattro feste, nel 1987, nel 1992 e nel 2003.
Rocco Zummo per Condividere
[…] La foto è tratta dal sito www.diocesimazara.eu […]
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