Tre anni lontano da Mazara del Vallo, la città che, in fondo, l’ha accolto e dove ha vissuto per un anno e sei mesi prima di raggiungere Torino, dove oggi lavora come meccanico apprendista. le migrazioni sono storie di uomini e raccontarle non è sempre facile. Perché quasi per tutti parlare di immigrazione è sinonimo di sbarchi, di tragedie, di atteggiamenti di intolleranza. La nostra redazione, in questi anni, ha raccontato l’altro volto delle migrazioni, quello dell’incontro dove si sperimentano emozioni e si condividono fraternità e amore; l’incontro che fa nascere amicizie e che diventa legame nel tempo.
E la storia di Musa Sawaneh è una di quelle dal volto bello che lega il Gambia a Mazara del Vallo e a Torino. Che c’entrano questi tre posti lontani tra di loro? Musa è un giovane di 23 anni, originario del Gambia; uno come tanti che è scappato dalla sua terra per sfuggire alla dittatura, si è rifugiato in libia ed è finito dapprima a lampedusa, poi a Salemi e, infine, a Mazara del Vallo. «Quando sono arrivato in Sicilia ero minorenne – racconta – e ho vissuto momenti di fraterna accoglienza, con operatori che mi hanno fatto sentire a casa».
A Mazara del Vallo per un anno e sei mesi Musa è stato accolto nell’ambito del programma Sprar presso i locali dell’ex Seminario vescovile, oggi sede della “Fondazione San Vito-Caritas diocesana”. Ed è qui che è voluto tornare dopo tre anni, per incontrare gli operatori che gli sono stati vicini, tornando a dormire in quella stanza che, per poco meno di due anni, è stata la sua casa. In questi giorni Musa ha rivissuto le attività della Fondazione per una settimana: «queste sono state le mie vacanze trascorse qui con le persone che qui alla “San Vito” mi hanno voluto bene e continuano a volermene», spiega il giovane gambiano.
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A Torino, accolto nel progetto Sprar della cooperativa “Orso”, ha avuto modo di concludere i suoi studi e di iniziare a lavorare, dapprima come aiuto cuoco, poi in un maneggio e infine presso un’officina. «Fare il meccanico era il mio sogno», spiega Musa. Così l’ha realizzato. Oggi è apprendista retribuito, messo in regola. Come a Mazara del Vallo anche a Torino il giovane gambiano ha trovato una schiera di persone che l’hanno accolto con affetto: Enrica, Manuele, Anna, Roberta, Riccardo. Nell’hinterland torinese Musa ha affittato un bilocale dove oggi vive da solo e dove sogna il suo futuro.
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«Al momento non penso di tornare in Gambia – spiega – lì vivono i miei fratelli con i quali mi sento tutti i giorni al telefono. In Italia sono stato bene accolto e sono convinto che chiunque rispetti le leggi in questo Paese si trovi bene». La storia di Musa è l’altro volto delle migrazioni, fatto di incontri che seminano amore, fraternità e speranza. E non importa il colore della pelle e neanche la diversità di religione. Importa piuttosto l’amore fra uomini alla pari, senza distinzioni di nessun tipo.
Max Firreri