Si terrà martedì 19 luglio, alle 18,30, presso l’aula magna del Seminario vescovile di piazza della Repubblica a Mazara del Vallo l’incontro dibattito sul tema “Il valore dei piccoli gesti”, con la partecipazione di Caterina Greco, giudice presso il Tribunale di Marsala, Salvatore Inguì, coordinatore provinciale di Libera, Marco Nuzzo, docente di filosofia. A seguire visita del centro “I giusti di Sicilia”. Alle 9, presso i locali della Fondazione in via Casa Santa Erice, si terrà “Leali cittadini del domani”, incontro tra i ragazzi del Grest e Antonio Squillaci, dirigente del Commissariato di Pubblica Sicurezza di Mazara. Alle 10,30 in piazza della Repubblica, festa con giochi e musica.
Forse c’è un modo infallibile, in questi giorni, per ricordare Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Paolo Borsellino, i poliziotti della scorta uccisi nelle stragi di Capaci e di via D’Amelio: rileggere i loro scritti, le interviste, gli interventi pubblici; ascoltare in video, utilizzando il circuito internet di Youtube, le loro parole sempre attuali. C’è una forza, una memoria, che non è stata sconfitta in questi ventiquattro anni: ed è la forza delle loro parole. «A questa città vorrei dire: gli uomini passano, le idee restano, restano le loro tensioni morali, continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini»: è facile riconoscere ventiquattro anni dopo la frase di Giovanni Falcone diventata uno dei manifesti della ribellione delle coscienze a Palermo come in mille città della Sicilia o d’Italia.
«La lotta alla mafia, il primo problema da risolvere nella nostra terra bellissima e disgraziata, non doveva essere soltanto una distaccata opera di repressione, ma un movimento culturale e morale che coinvolgesse tutti e specialmente le giovani generazioni, le più adatte a sentire subito la bellezza del fresco profumo di libertà che fa rifiutare il puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e quindi della complicità»: così parlava Paolo Borsellino nel trigesimo della strage di Capaci, quando i suoi ultimi giorni di vita da martire della giustizia passavano inesorabili e lui da magistrato continuava a indagare sulla mafia e sulle inconfessabili complicità che le inchieste di questi mesi stanno portando allo scoperto. E infatti, diceva Falcone, «la mafia non è un cancro proliferato per caso su un tessuto sano. Vive in perfetta simbiosi con la miriade di protettori, complici, informatori, debitori di ogni tipo, grandi e piccoli maestri cantori, gente intimidita o ricattata che appartiene a tutti gli strati della società».
Così oggi, mentre siamo bombardati da migliaia di informazioni che ci raggiungono tramite i quotidiani, la tv, la radio, i siti internet, gli sms sui telefonini, le email, è possibile impegnarsi in un atto di informazione on demand che può essere il nostro piccolo modo per onorare concretamente Falcone, Borsellino e tutte le vittime della mafia che i loro cognomi richiamano: cerchiamo su internet le loro frasi, condividiamo su Facebook, su Twitter o a casa con l’antico strumento del passaparola le loro idee. Diventiamo il 23 maggio le gambe su cui fare camminare le donne e gli uomini che si sono sacrificati per tutti noi. Facciamo nostra l’esortazione che Borsellino ripeteva sempre agli studenti che incontrava: «Parlate della mafia. Parlatene alla radio, in televisione, sui giornali. Però parlatene, non rimanete muti».
Umberto Lucentini, autore di “Paolo Borsellino (edizioni San Paolo) scritto con Agnese, Lucia, Manfredi e Fiammetta Borsellino