La fine del 2015 e l’inizio del 2016 hanno visto una vorticosa accelerazione dei temi legati alle ricerche petrolifere in terra e in mare. In questi ultimi giorni sono avvenuti moltissimi fatti e tanti commenti si sono aggiunti, nati dalla paura di veder apparire nel nostro delicato ambiente i campi petroliferi, cresciuti nei passaparola approssimativi di cui si nutrono i social network e generati dai molteplici canali di informazione, spesso manipolata e plasmata a proprio interesse sia da una parte che da l’altra. Tutto questo ha sicuramente creato un senso di ulteriore confusione e smarrimento tra la popolazione che, in un periodo storico già drammatico per infiniti motivi, si sente chiamata e responsabilizzata ad andare a votare un referendum.
Il 26 novembre 2015 la Corte di Cassazione ha accolto tutti i quesiti referendari. Il 13 dicembre 2015 il Governo ha presentato alcuni emendamenti in Commissione bilancio. Il 1° gennaio 2016 è entrata in vigore la Legge di stabilità 2016 con le modifiche che soddisfano 3 quesiti referendari. Poche ore prima, ancora nel 2015, il Ministero dello sviluppo economico ha emendato e prolungato di un anno le concessioni petrolifere. L’8 gennaio si pronuncia nuovamente la Cassazione che prende atto dell’accoglimento, con la Legge di stabilità, di 3 quesiti su 6. Non accoglie 2 quesiti (Piano aree e durata titoli) e conferma il referendum abrogativo sulla durata delle concessioni trivellazioni entro le 12 miglia. È certo: il referendum quindi si farà. È chiaro che il Governo ha paura del referendum, ultimo rimasto di 6 proposti. Il timore della lobby del petrolio è dimostrata dal fatto che il percorso dei quesiti referendari sulle trivellazioni è stato oggetto di una serie di interventi parlamentari finalizzati a sviare il passaggio dalle urne.
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Quindi dei sei quesiti originari, tre sono stati soddisfatti con emendamenti alla Legge di stabilità a fine 2015 e questo è già stata una grande vittoria. Uno solo ha superato il vaglio di Cassazione e Corte Costituzionale e riguarda la definitiva chiusura dei procedimenti in corso al di sotto delle 12 miglia dalla costa. Per il referendum è stata scelta la data del 17 aprile, ovvero meno di 60 giorni a partire da oggi. Nel frattempo alcune importanti vittorie si sono delineate: l’annullamento, per effetto della Legge di stabilità modificata, per evitare i referendum ha fatto si che 27 concessioni in mare siano state rigettate e tra queste, importante per noi di Pantelleria ma anche per tutto il Canale di Sicilia, la famosa concessione “d1G.C-AG” della società Eni all’ultimo passo dell’iter per l’estrazione del petrolio, ricadente completamente entro le 12 miglia da Pantelleria i cui margini si trovavano a non più di 5 miglia dalla costa dell’isola.
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Il prossimo impegno comune adesso è di andare avanti vincendo il referendum abrogativo in modo da dare un termine temporale alle concessioni ancora in atto, cosa che è stata aggirata dalla legge, dove non si specifica nessuna scadenza, dando quindi per eterne le concessioni rilasciate precedentemente. Il referendum che ci attende, travalicando il no alle trivellazione, è un segno molto più ampio di richiesta per una politica nazionale volta a tutelare i cittadini favorendo e migliorando le prerogative che la nostra splendida Italia possiede: cibo, arte, ambiente, cultura e tradizioni. Perché trasformarci in una nuova ennesima replica del resto del mondo?
Dalla filiera del petrolio non possiamo certo aspettarci posti di lavoro nuovi. Gela, Augusta, Termini Imerese e Priolo sono tutte realtà in dismissione e, allo stesso tempo, esempi eclatanti di cosa vuol dire trasformare un territorio a vocazione agrituristica in un capo minerario. Paesi trasformati in bombe ecologiche e lavoratori condannati a rischi di malattie non sono segno di evoluzione, nè di cura dei beni comuni. Abbiamo bisogno di un’era di decarbonizzazione. Dobbiamo riuscire a rendere sostenibile il bisogno energetico rispettando la dignità dell’uomo e l’ambiente. Guardando dentro noi stessi dobbiamo renderci conto che stiamo chiedendo più di quanto diamo. Essere partecipi e responsabili oggi, anche solo attraverso un voto, significa farsi carico di scelte coraggiose e non più rinviabili, attuando così un grande atto di amore per le generazioni future.
Alberto Zaccagni per Condividere