[ANNIVERSARIO] Don Edoardo Tilotta, testimonianza di vita e preghiera

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Il 29 settembre 1981 don Edoardo Tilotta, primo parroco di Cristo Re in Mazara, concluse prematuramente il suo pellegrinaggio terreno. Un male incurabile, repentino quanto aggressivo, lo tolse all’affetto dei suoi cari e dei suoi parrocchiani. Egli, in realtà, considerava la parrocchia la sua vera famiglia e i parrocchiani suoi parenti più stretti. Il fatto che dopo quarant’anni ci siano ancora molte persone che lo ricordano e lo rimpiangono è testimonianza del forte legame che si era instaurato tra lui e la comunità parrocchiale. La sua morte, allora, fu vissuta da tutti come la morte del Padre buono ed amato la cui scomparsa produce un dolore profondo.

Padre Edoardo, così lo si chiamava, per trentatré anni aveva allevato e curato il suo popolo con l’attenzione che proveniva da fede profonda nell’amore di Cristo e con una dedizione totale che mai risparmiò energie di ogni sorta, sia umane che spirituali. Uomo forte, tutto d’un pezzo, schietto, sincero, dalla parlata roboante e dal tratto immediato, riusciva a far presa anche su quanti aveva suscitato iniziale soggezione per via di apparente ruvidità cha si scioglieva, poi, in affabilità cordiale nel rapporto personale. Prete d’altri tempi ma aperto alle sfide dei tempi nuovi che vide avanzare inventandosi nuove strategie pastorali che a tanti benpensanti apparivano audaci. Ciò attrasse centinaia di giovani nella parrocchia Cristo Re che ne costituirono il fulcro pastorale in anni segnati dalla famosa “rivoluzione” del 68’.

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Era nato a Mazara, il 14 settembre 1913, ultimo di otto figli di una famiglia agiata. L’infanzia trascorsa tra le file dell’Azione Cattolica in Cattedrale, sotto la guida del parroco Criscuoli, fu all’origine della sua vocazione e del suo ingresso in un affollato seminario dove fece molta fatica a “resistere” per l’esuberanza del carattere. Fu ordinato presbitero il 25 luglio 1938 dal Vescovo Ballo, insieme ad altri dodici compagni: “Le tredici stelle” vennero chiamati. Allo scoppio della guerra partì come Cappellano militare ed esercitò tra i soldati  il suo giovane ministero, sotto la guida di don Giulio Bevilacqua, parroco di Giovan Battista Montini e poi Cardinale. Ricordava quest’uomo con grande ammirazione e lo considerava suo maestro. Nel 1944, nella “stretta finale”, si trovò in Toscana, nei pressi di Lucca, unito ai Partigiani per impedire il prevalere dei tedeschi. Sfuggì miracolosamente ad un loro rastrellamento, nel settembre di quell’anno, quando proprio nei pressi di Lucca, a Farneta, i tedeschi trucidarono i monaci Certosini. Rifugiatosi in una cappella dedicata a santa Gemma, le promise che se fosse tornato a Mazara avrebbe fatto in modo di costruirle una chiesa. E così fu!

Dopo la guerra fu congedato con i gradi di Capitano. Tornato a Mazara il Vescovo Ballo gli destinò la chiesa campestre di san Martino, o “dei Cappuccini”, con l’annesso convento ridotto a cumuli di macerie per l’ingiuria del tempo e degli eventi bellici. Tra orti e giardini la gente cominciava a costruire case, oltre le vecchie mura della città che si espandeva in quella direzione. Cominciò così, con giovanile energia, l’opera di ricostruzione. Nel 1949 il vescovo eresse la parrocchia sotto il titolo di Cristo Re e lo nominò parroco. La costruzione materiale durò oltre vent’anni.

La parrocchia ospitava un cantiere permanente, ma allo stesso tempo era simile ad un formicaio brulicante di persone: famiglie che portavano i bambini all’asilo parrocchiale oltre che al catechismo, giovani e meno giovani impegnati nell’Azione Cattolica in ogni ordine e grado fecero di Cristo Re una parrocchia vivace ed attiva. L’Azione Cattolica, di cui padre Edoardo fu assistente diocesano per tanti anni, fu il suo fiore all’occhiello. Acquistò per la parrocchia una villa in via Salemi dove in estate si svolgevano incontri, colonie e campeggi fino all’estensione di queste attività all’intera Diocesi. Non esistevano pause estive! Dopo il sisma del 68’ la parrocchia fu aperta, per parecchi mesi, ai “terremotati” che vi trovarono asilo, conforto, assistenza.

Ma la sua fatica fu prevalentemente di ordine spirituale. La sua predicazione evangelica, robusta e senza sbavature, la sua testimonianza di vita e di preghiera toccarono il cuore di tanti che si affacciavano timidamente alla fede e provocarono vere e autentiche conversioni. Migliaia di persone, nell’arco di trentatré anni, passarono sotto la vigile attenzione del suo sguardo paterno, e tutti ne ebbero beneficio. Così, la prematura scomparsa di un uomo che sembrava indistruttibile suscitò nei parrocchiani e nella città intera un sincero affettuoso cordoglio. Ai suoi funerali accorsero migliaia di persone che non trovando posto nella chiesa parrocchiale gremirono la piazza antistante. Era venuto a mancare il padre, l’amico, l’uomo anche a quanti erano lontani dalla fede. Lui diceva sempre che non era un “prete da sagrestia” e fu davvero un “prete in uscita”.

La parrocchia Cristo Re, per la sensibilità del giovane parroco don Daniele Donato, lo ha ricordato con una serie di iniziative pastorali che si confanno a quello che fu il suo stile di pastore che accolse con gioia gli orientamenti del Concilio e li praticò con un entusiasmo che oggi merita di essere emulato. Il 29 settembre padre Edoardo è stato ricordato durante l’Eucaristia, con la sicura certezza che ha già raggiunto la meta splendente del suo ministero, e dal cuore di Cristo, per il quale aveva speciale devozione, implora per noi, ancora oggi, ogni grazia e benedizione nella Comunione dei Santi.

Don Leo Di Simone per Condividere

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