L’Avvento è il tempo liturgico che precede il Natale ed è preparatorio allo stesso: nei riti cristiani occidentali segna l’inizio del nuovo anno liturgico. La parola avvento deriva dal latino adventus e significa “venuta” anche se, nell’accezione più diffusa, viene indicata come un’attesa del Signore. Sabato 30 novembre, ore 21, in Cattedrale a Mazara del Vallo, il Vescovo presiederà la Veglia.
Alle porte di un nuovo anno liturgico mi chiedo, senza retorica: ma noi aspettiamo ancora che Gesù torni, oppure pensiamo semplicemente che sarà la nostra morte a essere l’incontro con Dio e che Lui unicamente ci aspetta nell’al di là? In ogni Eucaristia, perchè tutti popolo di Dio concordi nel credere, come atto di fede e di speranza affermiamo: «Annunziamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione, nell’attesa della tua venuta». Cosa vuol dire aspettare il ritorno di qualcuno che si ama? Certamente vuol dire nutrire la memoria del ricordo di colui che ancora non è tornato attraverso il desiderio, l’attesa, che egli torni. Sentire il vuoto della sua assenza e cominciare a guardare al tempo attraverso colui che sta venendo, sta tornando.
Ovvero il tempo diventa non solo attesa ma anche preparazione. Tempo che dice cioè «ti amo e mi manchi e anticipo la tua venuta con un tempo nascosto di preparazione, perchè in questo tempo la memoria amante di te si fa testimonianza, servizio, preparazione, desiderio». Colui che non c’è ancora ma che avviene nel tempo che è memoria, diventa l’Amato. Se qualcuno volesse fare un Avvento profondo potrebbe leggere interamente la Seconda Lettera ai Tessalonicesi, dove le prime comunità cristiane sono costrette a riflettere sul ritardo del ritorno del Risorto come giudice della storia e cercano di discernere uno stile di cristianesimo capace di aspettare fruttuosamente la sua venuta.
«Ora vi preghiamo, fratelli, riguardo alla venuta del Signore nostro Gesù Cristo e alla nostra riunione con lui, di non lasciarvi così facilmente confondere e turbare, nè da pretese ispirazioni, nè da parole, nè da qualche lettera fatta passare come nostra, quasi che il giorno del Signore sia imminente» (2Tess 2,1-2). Il tempo dell’attesa diventa tempo di fedeltà, di testimonianza, di carità, di opere. Il tempo che va dalla Ascensione del Signore al suo ritorno nella storia come Giudice di misericordia e di verità, il nostro tempo, è liturgia, testimonianza, carità. Il desiderio di Dio, tempo dell’anima, e il cristianesimo come stile, tempo della Chiesa, compongono la qualità teologale dell’Avvento.
Non si tratta solo di celebrazioni e di appuntamenti o di ritualità, ma del presente della Chiesa come testimonianza e come evangelizzazione, ovvero come tempo di preparazione e di annuncio, e del presente interiore dell’anima come desiderio di incontrare il Risorto come l’Amato della propria vita e della propria libertà. L’Avvento è il tempo liturgico in cui l’anima e la Chiesa nutrono il proprio legame nuziale con il Risorto. L’Avvento è il tempo della sposa.
don Vito Impellizzeri per Condividere