«Vegliate e pregate» è la parola evangelica che più frequentemente risuona dalla prima domenica nella liturgia dell’Avvento, tempo di attesa e di preghiera, tempo di preparazione all’incontro con il Salvatore delle umane speranze, che è venuto e verrà alla fine dei tempi e creerà cieli nuovi e terra nuova in cui avrà stabile dimora la giustizia. Egli nel mistero liturgico fa pregustare a coloro che lo attendono in veglia la gioia della sua venuta. La veglia esprime un atteggiamento fondamentale della vita cristiana, fondata sulla morte e risurrezione di Cristo, protesa verso la venuta dello Sposo che la Chiesa attende con lampade accese, nel suo pellegrinaggio verso la Pasqua eterna.
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Per questo la preghiera nella notte ha sempre esercitato un grande fascino sui cristiani, sull’esempio, del resto, di Gesù che spesso passava intere notti in preghiera. E per questo i cristiani sin dalle prime generazioni si radunarono in veglia comunitaria nella celebrazione annuale della Pasqua, madre di tutte le veglie; e dalla Pasqua annuale, come mostrano già gli Atti degli apostoli, la veglia si estese alla Pasqua settimanale. Oggi la celebrazione vigiliare, a imitazione della veglia pasquale, con al vertice la proclamazione del Vangelo viene proposta dalla liturgia della Chiesa per le domeniche e altre solennità a esse assimilabili (cfr Principi e Norme per la Liturgia delle Ore, 70-73). Essa si raccomanda particolarmentedurante l’Avvento che, mentre ricorda la prima venuta del Salvatore con tutte le speranze e le preparazioni che la precedettero e attendono il definitivo compimento, con i canti e le preghiere dei profeti, ci fa implorare e affrettare la sua venuta gloriosa che porrà termine a ogni lacrima, sofferenza, violenza, discordia e divisione e anche alla morte. Ci sono tanti modi di realizzarla.
Quello più sobrio e suggestivo sembra quello suggerito dal libro della Liturgia delle ore con i necessari adattamenti, sperimentato in molte cattedrali e chiese parrocchiali. Essa comporta, dopo l’invitatorio e l’inno, la salmodia dell’Ufficio delle letture con le antifone proprie, seguita dalla lettura biblica di Isaia, il profeta della grande speranza la cui voce risuona frequentemente durante l’Avvento (Is 1,1- 18), e da quella patristica di san Cirillo di Gerusalemme sulle due venute di Cristo, con i relativi responsori (grandioso è quello che segue la seconda lettura, il celebre «Guardo da lontano»). A questo punto il Vescovo, testimone della fede apostolica nella Chiesa locale, tiene l’omelia. Seguono, in crescendo, i tre cantici di Isaia. Durante il terzo cantico, dal fondo della chiesa viene portato solennemente l’Evangeliario, segno della venuta di Cristo che simbolicamente anticipa la parusia. La celebrazione ha il suo momento culminante nella lettura del Vangelo della prima domenica di Avvento, proclamata solennemente dal Vescovo dall’altare, simbolo del sepolcro di Cristo.
L’assemblea risponde alla proclamazione del Vangelo con il canto della grande dossologia “Gloria a Dio nell’alto dei cieli”. La celebrazione si concludecon l’orazione e con la benedizione solenne. In questo tempo in cui scompaiono valori, scricchiolano sicurezze, si dissolvono miti ritenuti indistruttibili, sprofondano certezze, vacilla la fede, la partecipazione dei fedeli, soprattutto giovani, alla veglia d’Avvento dimostra come l’attesa di un Salvatore che farà spuntare un germoglio di giustizia non è aliena da questa nostra terra assetata di speranza.
fra Pietro Sorci, ofm per Condividere