L’anniversario del terribile terremoto del ‘68 non può diventare un rituale stanco e ripetitivo di commemorazioni, appelli e rimostranze. Al contrario deve essere un momento forte di rinnovata presa di coscienza, di verifica critica e di rilancio creativo della Valle del Belice che vuol dire ad alta voce la sua voglia di vivere e il suo impegno serio e corale di costruire un futuro vivibile agli uomini e alle donne di questi paesi, straziati ma risorti. Ma occorre pensare soprattutto ai giovani, disorientati per mancanza di prospettive di sviluppo in questo territorio che ha bisogno della loro insostituibile presenza e operatività.
Se è vero che negli anni immediatamente successivi al disastro sono stati compiuti non pochi errori, soprattutto politici ai diversi livelli, questo non può costituire una ragione per aspettare giustizia passivamente. Infatti, è assolutamente vero che il domani di questa magnifica ma sfortunata Valle è tutto e solo nelle nostre mani, purché siamo capaci di valorizzare e mettere a frutto le risorse, non poche, di cui è dotata: la terra con le colture tipiche (vigneti e uliveti), il mare, i beni culturali, il turismo. Pur nella consapevolezza che si tratta di comparti afflitti da criticità gravi, su tali basi è possibile delineare prospettive di sviluppo, accreditate dal valore aggiunto dell’azione concorde e coordinata di tutti: politici, imprenditori, esponenti del mondo della cultura. Se la gravissima crisi economica che stiamo soffrendo impone nuovi stili di vita austeri e sobri, forse sta anche creando le condizioni favorevoli per vincere la nostra innata tendenza ad agire isolatamente, imparando l’arte di lavorare insieme. Soli si muore, uniti si vince: è il messaggio che rivolgo a quanti hanno a cuore le sorti della Valle del Belice.
Monsignor Domenico Mogavero per Condividere