L’olio da benedire quest’anno nella celebrazione del Giovedì Santo avrà un odore del tutto speciale: parte di esso, infatti, è dono della Polizia di Stato, frutto degli ulivi piantati nel Giardino della memoria sotto l’autostrada A29 Palermo-Mazara del Vallo dove è avvenuto l’attentato a Giovanni Falcone, sua moglie e la scorta. Questa scelta ci apre e ci orienta a una riflessione speciale in prossimità delle feste pasquali e delle celebrazioni della Settimana Santa: il valore dell’olio, secondo le Scritture, come simbolo di giustizia. L’olio di giustizia è segno messianico del Regno di Dio. Con l’immaginazione ferita di popolo dei giusti, perché affamati e assetati di giustizia, guardiamo bene a questo terreno: il terreno, allo stesso modo dei solchi del volto di Cristo, allo stesso modo dell’orto degli ulivi, è irrigato dal sangue dei martiri.

A renderlo fecondo e capace di ospitare e di dare sostentamento alla vita degli alberi, in profondità all’acqua si è unito il sangue sparso ed effuso da coloro che hanno speso interamente la loro libertà, la loro storia, il loro tempo per la giustizia, da coloro che hanno sempre creduto e pensato che per essa non si dovesse soltanto vivere, ma essere anche disposti a morire. Questo è olio di sacrificio, di martirio. Questi alberi crescono lungo il fossato tra legalità e giustizia, l’acqua e il sangue che scorrono in esso restituiscono alla memoria di coloro, che come noi, si fermano alla loro ombra, o ne raccolgono i frutti, il valore del bene comune, l’ideale della giustizia, la respons abi l i t à dell’onestà, il primato della coscienza. Questo terreno riscattato e bonificato dal sangue dei martiri diventa un nuovo giardino dove la sete e la fame di giustizia può essere accolta, ascoltata, riconosciuta, apprezzata. Alcuni avranno la tentazione, invece, di andare oltre, di non fermarsi, di non prendere da quegli alberi, di non nutrirsi di quell’olio, perché il suo sapore brucia, ricorda, rimprovera scelte di compromesso, di omertà, di convivenza e di collusione. Per loro, soprattutto per loro, quest’olio verrà benedetto e offerto, perché diventi appello di conversione, grido di giustizia, memoria di libertà.
Adesso, sempre con l’immaginazione ferita del popolo dei giusti, guardiamo alla consistenza di quest’olio, al suo colore, al suo sapore. L’olio nuovo segna dei riti familiari importanti e significativi nelle nostre tavole. Bene, la componente fondamentale di quest’olio, il suo gusto forte, è l’onestà. Nelle nostre tavole, nelle nostre case, tra le nostre mani e in quelle dei nostri figli, il gusto del vivere, la forza delle scelte, deve sempre reggersi sull’onestà. Guardando quest’olio, la sua storia, il suo valore, si percepisce la vera ferita di popolo: la fragile e innocente mentalità dell’onestà, l’innocenza dell’onestà. Quando questa viene tradita, gli innocenti diventano vittime. C’era un podere al tempo di Gesù, quando innocente venne tradito, e quel podere, il Vangelo drammaticamente ricorda, venne comprato da Giuda, perché egli non si perdonava di averlo tradito, di aver reso così un innocente una vittima. Il dramma di quel podere viene riscattato ogni volta che altri poderi frutto anch’essi del tradimento vengono restituiti al bene comune perché gli innocenti onesti non diventino necessariamente delle vittime.
don Vito Impellizzeri per Condividere