Tutti i sabati e nei giorni prefestivi la messa dell’Unità pastorale chiesa madre-San Giovanni Battista di Castelvetrano viene celebrata nella chiesa di San Domenico alle ore 18,30. Si torna a celebrare, dunque, dentro la “Sistina di Sicilia”, riaperta qualche mese addietro dopo 44 anni di lavori di restauro che hanno interessato soprattutto l’abside del luogo di culto. La chiesa rientra nell’Unità pastorale guidata dall’arciprete don Giuseppe Undari e dal vicario parrocchiale don Salvatore Pavia.
A San Domenico quest’anno è stata celebrata la Veglia d’Avvento. E a San Domenico è dedicato il primo volume monografico edito da Angelo Mazzotta, un capolavoro di 277 pagine scritto a nove mani da Aurelio Giardina, Francesco Saverio Calcara e Vincenzo Napoli. La prima produzione che fa conoscere nei suoi minimi particolari il luogo di culto di proprietà del Fondo edilizia di culto del Ministero dell’Interno.
«Immergendosi in quella teca d’immenso si avverte immediatamente che il linguaggio della bellezza non dice finzione, ma verità; la bellezza, infatti, non nasconde sotto le sue forme la verità, ma la manifesta in modo tale da mettere in comunicazione l’artista e il fruitore perché insieme cerchino e trovino la Verità che è Dio per vie non di speculazione astratta, ma attraverso l’emozione contemplante. Chi non è in grado di entrare in questa prospettiva rischia di sfiorare la superficie del capolavoro senza penetrarne il senso ultimo e profondo» scrive il Vescovo nella prefazione del libro.
Il volume rilegge la storia della chiesa, a partire dai committenti, i Tagliavia di Aragona, al carisma dei Frati Predicatori, ad Antonio Ferraro. Un ultimo capitolo è dedicato alla lunga fase dei restauri. Così si legge: «Dal 1968 la chiesa fu chiusa al pubblico perché, a seguito del terremoto che devastò il Belìce, essa fu dichiarata inagibile. Dopo circa nove anni, un gruppo di volenterosi privati cittadini, onde strapparla alla nuova situazione di stasi e di abbandono - d’accordo il rettore don Guido Malacarne -, decise di promuovere una manifestazione che sensibilizzasse l’opinione pubblica e spingesse amministratori ed organi competenti ad intervenire. Così, il 6 febbraio 1977, si aprì la chiesa al pubblico per tutta la giornata, onde mostrare lo stato di grave deterioramento in cui la stessa versava. Vi fu un afflusso di cittadini al di sopra di ogni aspettativa, 2160 persone firmarono la petizione che chiedeva un pronto restauro ed una riapertura del tempio, a dimostrazione dell’interesse che la visione diretta del monumento aveva suscitato nella pubblica opinione. L’anno successivo, supportata anche da molti gruppi giovanili dei partiti politici e dalla Pro-Loco, analogo successo ebbe una seconda manifestazione nella stessa chiesa, accompagnata da una mostra fotografica, e durata tre giorni. Finalmente, nel 1980, passate le competenze dalla Cassa per il Mezzogiorno all’Assessorato regionale ai beni culturali, si ottenne un finanziamento di 83 milioni di lire per un primo intervento di restauro, col quale, sotto la direzione dell’architetto Matteo Scognamiglio della Soprintendenza ai Beni Ambientali ed Architettonici di Palermo, si provvide a intervenire sui tetti, col rifacimento totale degli stessi, rispettando i metodi tradizionali». (…)
(…) «Si dovette attendere fino al 1998, allorquando, finanziato poi con il POR 2000-2006 (misura 2.01 – “Risorse liberate”), fu possibile appaltare un progetto generale di intervento conservativo e di restauro della chiesa e delle decorazioni murali plastiche e pittoriche, aggiudicato per la somma di € 1.133.795 (su una base di € 1.850.000) alla Società Tecnorestauri di Acireale, sotto la direzione dell’architetto Gaspare Bianco. Tale intervento, condotto con sofisticate tecniche d’avanguardia, ha consentito il pieno recupero del sacro edificio, tornato, per come lo abbiamo descritto, all’antico splendore e riaperto definitivamente il 7 febbraio 2014».
Si peccato, che il libro sia stato, in buona parte copiato, senza peraltro aver dato da parte degli autori nessun tipo di “tracciabilità” se non in qualche sparuta nota, dalla tesi di laurea del 1988 – Facolta di Architettura di palermop, autore Paolo La Rocca