[IL LIBRO] La persistenza della voce poetica di La Via duratura e significativa

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Un discorso estetico intorno al componimento poetico richiede un approccio complesso che faccia appello a un rigore argomentativo che sconfina nella pura contraddizione di quanto la poesia stessa si propone di fare: uscire fuori dal recinto dell’argomento razionale per spiccare il volo attraverso le immagini e la musicalità della parola. Quanto mi propongo di fare, perciò, vuole soltanto essere espressione di una mia personale lettura della raccolta di poesie di Stefania La Via, senza alcuna pretesa di scientificità letteraria (ossimoro!) bensì unicamente quale esperienza deliziosa, degli scritti della poetessa ericina.

L’opera si intitola Persistenze (di Stefania La Via, Màrgana Edizioni, Trapani 2021), termine in grado meglio di qualsiasi altro di sintetizzare nel proprio campo semantico la grammatica di questi componimenti, l’intento, sempre compiuto, di condurre il pensiero del lettore che ne faccia esperienza, verso la contemplazione, deciderà lui se coinvolta o cinicamente distaccata, di elementi, immagini, frasi, suoni, oggetti e odori che hanno tutta la consistenza delle impressioni lasciate su una lastra fotografica. Se potessimo accostare alle modalità espressive di Stefania La Via, infatti, una similitudine con quelle di altri ambiti artistici, il campo sarebbe certamente quello della fotografia. La ragione di tale similitudine risiede nel fatto che l’autrice compie, di volta in volta, una rivisitazione dell’esperienza e della memoria attraverso la restituzione di immagini quasi olografiche, fossero anche tracce su un bicchiere usato, a dimostrare che il tempo, il desiderio, la memoria, il destino sono passati anche da qui. La persistenza della voce poetica si fa allora duratura e significativa perché dalla realtà vissuta la poetessa estrapola esattamente la sintesi essenziale, ciò che realmente rimane.

La silloge è suddivisa in tre parti: “Parole”, che racchiude i versi destinati a cogliere la frase profonda del suono del cosmo dell’autrice, il rumore di fondo che chiarissimo accompagna l’esperienza nel mondo e consente di svelarne il significato immediato, mai profondo, mai elucubrativo, ma semplicemente per come si offre alla sensibilità e ai sensi tout court. Punti nodali di questa parte della raccolta sono le poesie che si offrono come manifesti poetici, dispositivi del metadiscorso sulla poesia dove è protagonista la parola che problematizza se stessa e il poeta che narra la sua esistenza e il suo talvolta doloroso processo creativo. Notevoli in tal senso sono i versi di “Scrivere” che racchiude gli intenti, ma anche la speranza del fare poesia, lo sguardo proteso verso un futuro benevolo, un lavoro che guarda lontano, guarda alla scrittura poetica non come un farsi definitivo e assoluto, ma quale traccia creativa in divenire che descrive “percorsi per future carovane di pensieri”.

Una seconda parte, “Memorie”, è dedicata alla poesia della passione, dove il leitmotiv è l’assenza, il non detto, il desiderio di un passato amoroso mai dimenticato, cristallizzato tra parole e cose, immagini e paesaggi che fanno da contorno a una vicenda intima e mai interamente rivelata al lettore. Così pure la scelta degli oggetti, mai accessori presi per convenzione né feticci, ma autentiche bolle semantiche, appartenenti al mondo contemporaneo. Uno degli aspetti che infatti emerge dallo stile e dal lessico è l’uso di termini dell’era digitale e di oggetti dell’uso quotidiano che ben distanziano questo modo di fare poesia da quello oggi fin troppo spesso abusato, manierato, di sapore arcadico, dai richiami continui a dimensioni dello spazio e del tempo assai distanti da quelle con cui invece è necessario identificarsi per rintracciare un collegamento empatico con l’autrice che, quasi a volercene parlare, è qui a dirci che la poesia non va cercata nelle pieghe di un tempo idealizzato, ma in un qui e ora di cui dobbiamo sporcarci perché essa realmente accada. Un concreto manifesto di libertà, un rarefatto “azzurro del cielo”, per dirla con Bataille.

La terza e ultima parte della raccolta riguarda la produzione poetica del periodo della pandemia e percorre fasi, atti sorprendenti, dimensioni prima sconosciute come il lockdown, la comunità e un senso dell’umanità in alcune occasioni smarrito, in altre ritrovato. Questa terza e ultima parte che chiude il volume si intitola “Frammenti” ed è esattamente una raccolta di componimenti poetici che sono stati intitolati come tali, frammenti, in progressione numerica, come tacche segnate sul muro di una cella, una dopo l’altra, sensazione dopo sensazione: disperazione – “soffoco. / Voglio aprire piccole finestre / e tornare a respirare aria nuova /ma un carceriere spietato mi spinge indietro” (frammento quarantaseiesimo). In un altro momento, speranza: “e dalla croce nasce un respiro misterioso / che avvolge, abbraccia/ benedice l’umanità” (dal frammento quarantasettesimo), per approdare poi, a chiusura dello stesso frammento, al suggello che la fase drammatica della pandemia ha forse voluto più di tutto ricordare all’umanità intera: “Nessuno si salva da solo”, come un adagio che voglia richiamare la Meditazione XVII – anch’essa reca un numero progressivo – di John Donne, “Nessun uomo è un’isola”.

Uomini uniti fra loro come condizione necessaria dell’esistenza, voci che formano un coro allo stesso modo della poesia di cui è necessaria oggi più che mai l’esistenza. E la poesia di Stefania La Via può a buon diritto collocarsi tra le voci che facciamo bene ad ascoltare.

Valentina Richichi

(Questa raccolta poetica è stata presentata nell’ambito della manifestazione “Museo sotto le stelle 2021”, promossa dal Museo Diocesano di Mazara del Vallo)

Stefania La Via, autrice del testo.
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