L’inizio della Quaresima coincide quest’anno con una situazione che ha trovato impreparati tanti e che sta ingenerando sensazioni e comportamenti contrastanti. Il coronavirus ha tolto pace a intere città e paesi e sta sconvolgendo la vita e le abitudini dei cittadini che le abitano e non solo. E anche le comunità cristiane stanno conoscendo momenti di prova impensati, come la chiusura delle chiese e l’impossibilità di partecipare alle celebrazioni liturgiche. Il quadro è assai incerto e confuso e occorre mantenere i nervi ben saldi per non farsi prendere dal panico, che annebbierebbe il senso critico, soprattutto di coloro che sono più vulnerabili.
In questo contesto la celebrazione del Mercoledì delle ceneri, inizio del tempo sacro della Quaresima che prepara alla memoria della passione morte e risurrezione di Gesù, sembra giungere assai provvidenziale.
La constata fragilità umana di fronte all’attacco del virus, favorisce una migliore comprensione del rito delle ceneri, la cui imposizione sul capo dei fedeli è accompagnata da parole gravi e provocanti: «Ricordati uomo, che sei polvere e polvere ritornerai», tratte dal libro della Genesi (3,19). Sono parole di verità che ridimensionano ogni pretesa di onnipotenza che prende ordinariamente quando ci si sente padroni del mondo, anzi dell’universo e di quanto ci circonda. Proprio questa vulnerabilità può aprire all’incontro con Dio, riconosciuto l’unico in grado di raccogliere il grido d’aiuto dell’uomo per dargli pace del cuore e speranza di futuro, risanandone le ferite. E se Dio ha pietà e si prende cura dell’uomo debole e peccatore, anche chi fa questa esperienza deve donare compassione e tenerezza al suo prossimo. E così la Quaresima può essere vissuta come tempo di conversione del cuore.
La diffidenza nei confronti dell’altro che può trasmettere il contagio è in qualche modo l’esemplificazione della logica del sospetto. Infatti, pur in assenza di motivazioni probanti, l’altro finisce con il rappresentare un nemico potenziale, capace di attentare alla mia salute, se dovesse trasmettermi, anche con il suo solo respiro, il maledetto virus. Vincere questa ossessione dell’assedio diventa nel tempo quaresimale purificazione della relazione di prossimità. Trovare a ogni costo un nemico da cui difendersi e da combattere con tutti i mezzi – ieri il migrante, oggi il potenziale portatore più o meno sano del coronavirus – è una follia, ed è il vero nemico da debellare. Trovo molto espressiva, al riguardo, una frase di Camilleri: «Non bisogna mai avere paura dell’altro perché tu rispetto all’altro sei l’altro». Come cambierebbe il senso delle cose se si cambiasse la prospettiva: per l’altro il nemico sono io!
E non è certamente una scoperta esaltante, ma è fortemente e positivamente sconvolgente perché non è bello vedersi addosso i panni del nemico. Al contrario, «è salutare contemplare più a fondo il Mistero pasquale, grazie al quale ci è stata donata la misericordia di Dio. L’esperienza della misericordia, infatti, è possibile solo in un “faccia a faccia” col Signore crocifisso e risorto “che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me” (Gal 2,20)» (Francesco, Messaggio per la Quaresima). E la misericordia sperimentata insegna a donare misericordia al prossimo nell’ascolto della Parola di Dio e nella preghiera, scuola nella quale si apprende come divenire discepoli del Maestro.
La fedeltà a queste consegne purificherà il cuore e avvicinerà alla Pasqua da vivere con Cristo in una esperienza di vita nuova, da risorti. Infatti, «non sapete che quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte? Per mezzo del battesimo dunque siamo stati sepolti insieme a lui nella morte affinché, come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova» (Rm 6,3-4).
Domenico, Vescovo