Mai più omelie troppo lunghe e noiose, generiche e mutuate dalla comunicazione mediatica. Per non tacere delle omelie-lezioni troppo teologiche o, al contrario, eccessivamente banali. La Cei promuove il “ProgettOmelia”, corsi-laboratorio realizzati per le diocesi. «Il progetto – racconta don Paolo Tomatis, direttore di pastorale liturgica a Torino e curatore del progetto dell’Ufficio liturgico catechistico per le comunicazioni sociali della Cei – si articolerà in alcuni incontri (4-5) con un coordinatore e cinque osservatori che non saranno scelti solo tra religiosi ma anche tra laici. Intendiamoci, non richiediamo un giudizio sulle omelie ma un consiglio nella logica dell’incoraggiamento e del potenziamento».
In diverse occasioni, papa Francesco, incontrando i sacerdoti, ha esortato a fare omelie «non noiose», capaci di «arrivare al cuore della gente. Quando voi celebrate la messa – ha esortato – riconoscete ciò che fate, non fatelo di fretta, imitate ciò che celebrate, non è un rituale artificiale». Ora i Vescovi, sulla scia del dettato di papa Francesco, lanciano un progetto rivolto a tutte le diocesi. «I corsi – spiega don Tomatis – avranno respiro nazionale e vogliono tenere conto delle sensibilità differenti che si registrano dal nord al sud del Paese».Un esempio su tutti: quanto deve durare una omelia? «Ci sono alcuni ambienti – registra il curatore del corso della Cei – nei quali la dimensione dell’oralità è fondamentale per cui non si può `ingabbiare´ la predica di un prete. Si lavorerà principalmente sulla forma e sulla comunicazione più che sui contenuti anche se questi non sono affatto di secondaria importanza, anzi. L’idea è che curare alcuni aspetti della forma e della chiarezza, possa aiutare a limitare i danni».
L’itinerario, come spiega don Tomatis, prevede il coinvolgimento di cinque persone – guidate da un’equipe diocesana – tra le quali ci saranno appunto persone del laicato. «L’importante è che le persone – spiega don Tomatis – diano un giudizio il più oggettivo possibile». Agli incontri vis a vis si aggiungerà un livello on line: «un modo – dice don Tomatis – per creare maggior condivisione accorciando le distanze. Beninteso, la dimensione social non vuole incentivare le omelie preconfezionate del “copia-incolla”. Tutt’alto: il punto è creare una comunità di pratiche».