I superstiti del Covid-19 portano con sè le ferite, come i soldati tornati dalla guerra, segnati da conflitti a fuoco con lo straniero. Quella del Coronavirus è una battaglia che si sta combattendo nel mondo contro un invisibile, un virus che entra nel corpo, fa danni e, se riesci a sconfiggerlo, lascia le tracce. Francesco Regina di Alcamo, 56 anni, dipendente dell’Asp Trapani, è uno dei superstiti del Covid-19, uno di quelli che è arrivato a un passo dalla morte, avendo consapevolezza di ciò che effettivamente il Coronavirus semina, infetta e danneggia.
Lui è il paziente n.1 della provincia di Trapani, cioè il primo che a marzo si ammalò di Covid-19, finendo in terapia intensiva all’ospedale “Sant’Antonio Abate” di Trapani: «Ho vissuto un incubo – racconta – la mia vita capovolta, messa a serio rischio da un virus invisibile». Francesco Regina se lo ricorda bene quel maledetto 11 marzo, il giorno d’inizio del calvario: stare male a casa, l’ambulanza del 118, il trasferimento all’ospedale di Trapani e poi il buio. Un vuoto di 20 giorni, un buco nero nella sua vita, la terapia intensiva e il rischio di non farcela. Una battaglia tra lui e il Covid-19, quel virus maledetto che ha segnato per sempre la sua vita. Alla fine l’ha spuntata lui («con l’aiuto del Signore»), vincendo la battaglia tra la vita e la morte, ma ora costretto a curarsi le ferite, profonde e lunghe nel rimarginarsi.
Ed è qui il nodo cruciale di una questione che, passata l’ondata di emergenza, il mondo si troverà ad affrontare: chi seguirà nelle loro cure i superstiti del Covid-19? Più che dopo, questo aspetto è quello che stanno vivendo già ora in tantissimi in tutta Italia. Come anche Francesco Regina che, una volta risultavo negativo, è tornato a casa in sedia a rotelle, 30 chili meno, senza più massa muscolare, con problemi neurologici e crisi d’ansia. «Quando lo visitai per la prima volta mi sono trovato davanti una persona seriamente problematica – spiega Luca Scalisi, l’ortopedico-fisiatra – che necessitava di cure urgenti e riabilitative». Francesco Regina in questi mesi (è uscito dall’ospedale il 28 aprile scorso, ndr) ha seguito un percorso di riabilitazione: si è dato da fare, attivandosi fai-da-te (in alcuni casi anche a pagamento) nel combinare visite neurologiche e psichiatriche, nel farsi seguire da un nutrizionista, nel coinvolgere amici-ricercatori del Cnr che lo stanno seguendo per scopi di ricerca. Per il sistema sanitario pubblico, però, lui è finito in un binario morto: «Mai nessuno in questi mesi mi ha cercato per seguire il mio iter riabilitativo, per sapere come stavo», racconta Regina. Più che invisibili, gli ex Covid-19, sembrano i dimenticati dal sistema sanitario pubblico.
La priorità è l’emergenza, ma ci sono anche i reduci di questa guerra difficile che semina morti; ma lascia anche feriti. Con quale attenzione il sistema pubblico sanitario guarda a questi ultimi? La battaglia di Regina punta l’attenzione proprio su quest’aspetto: «Non mi fermerò – spiega – laddove necessario chiederò di incontrare anche il Ministro Roberto Speranza». L’idea è quella di proporre un Servizio dedicato agli ex Covid-19 che oggi fanno i conti con i danni creati dal virus sul proprio corpo. Un’équipe multidisciplinare che possa seguire con attenzione i pazienti acuti usciti vivi dalla battaglia col virus ma che fanno i conti con le ferite lasciate. «Questo – spiega Regina – creando anche un canale preferenziale nelle visite di controllo necessarie». Gli aspetti di una guerra sono anche questi, quello dei reduci, di coloro che, vinta la battaglia tra la vita e la morte, oggi fanno i conti con le ferite.
Max Firreri
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