Venerdì 28 novembre, alle ore 18,30 nella chiesa di San Michele, annessa al monastero di clausura di Mazara del Vallo, il Vescovo monsignor Domenico Mogavero consacrerà nell’Ordine le due vedove Giuseppina Milazzo di Marsala e Maria Giovanna Indelicato di Campobello di Mazara. Le due vedove arrivano alla consacrazione dopo un lungo cammino percorso insieme a don Gianluca Romano, delegato dal Vescovo. «Le vedove consacrate, non dimentiche del loro passato coniugale, sono chiamate ad un nuovo impegno di generosità che fa tesoro della loro esperienza familiare nella nuova forma di vita. Siamo davanti a donne comunque segnate dal dolore per la perdita del marito, ma che, lasciandosi visitare dalla presenza del Risorto, diventeranno ministre della lieta notizia della Pasqua per coloro che esperimentano lo sradicamento degli affetti più cari dal loro cuore» spiega don Romano. Con Giuseppina Milazzo e Maria Giovanna Indelicato è la prima volta nella storia della Diocesi di Mazara del Vallo che nasce l’Ordo Viduarum. La consacrazione sancirà un particolare vincolo con la Chiesa al cui servizio le due vedove si dedicheranno nella preghiera continua e nella carità operosa.
LE STORIE
Si emoziona quando naufraga tra i ricordi, il sorriso si impasta al pianto, la felicità si fa spazio nel dolore. Sì, il dolore, quello di aver perso un marito quando aveva 46 anni. In poche ore, il malore e il cuore che si ferma. In un attimo. Giuseppina Milazzo, 61 anni, porta al dito la fede del suo matrimonio, quello con Vito Mazzara che nel ’97 morì per un infarto. «Veniva da palermo e già accusava dolori al petto – spiega – poi, una volta a casa, si è accasciato senza più vita». La lettura dei suoi anni a ritroso è quella di una coppia che poco frequentava la chiesa del loro quartiere, quella di Sant’anna a Marsala. «Venivamo alla messa soltanto per le festività, il natale, la pasqua e poi le celebrazioni per i sacramenti dei parenti – ammette Giuseppina – io ero rimasta ferma a quel Gesù morto sulla croce». La vita di tutti i giorni, lo scorrere quotidiano, i figli, la famiglia. e quel pomeriggio quando suo marito gli regalò una Bibbia. un dono fatto da don Michele di Stefano, parroco a Fulgatore (ucciso qualche anno addietro, ndr) a Vito Mazzara, originario proprio di quella frazione di trapani. «confesso che prima di allora mai avevo aperto una Bibbia – racconta ora Giuseppina – e la presi in mano proprio dopo la morte di mio marito». Il dolore, il male interiore di perdere un caro affetto e la decisione di non voler neanche andare in chiesa per i funerali. «Ricordo che venne a casa nostra don Gianluca Romano, allora parroco a Sant’anna – dice Giuseppina – mi incontrò e rimase a parlare con me un bel po’ e l’unica cosa che ricordo è quella pace interiore che mi diede nella mia più totale disperazione». da lì a poco Giuseppina Milazzo iniziò a conoscere la parola di dio, a conoscere di più il Signore.
La lettura delle pagine della Bibbia, la Lectio divina in chiesa, il suo servizio quotidiano a servire il Signore. un percorso di conoscenza, di profonda pace. «In questi anni – spiega – ho sentito sempre più forte la vicinanza di Gesù, lui che mi chiamava a un impegno sempre maggiore. Ricordo che un giorno, mentre preparavo la chiesa per un matrimonio, andai all’ambone ed era aperta la pagina sul cantico dei cantici. In quel momento capii che nel giorno del mio matrimonio non eravamo in due ma in tre, c’era anche il Signore». L’impegno a scuola tutte le mattine come insegnante e poi di pomeriggio il suo servizio in parrocchia. nella piccola chiesa di Sant’anna, nel centro storico di Marsala, dove segue 23 bambini nel catechismo verso il sacramento della prima eucaristia. Ma non solo. Giuseppina, che è anche ministro straordinario della comunione e segretaria del consiglio pastorale, prepara la santa messa e collabora col parroco don tommaso Lombardo.
«Il sabato, mio giorno libero a scuola, lo dedico agli ammalati, li vado a trovare a casa, mi intrattengo con loro parlando, pregando insieme» dice. don Gianluca Romano è rimasto il suo padre spirituale. è con lui che si confronta e segue questo percorso che la porterà all’ingresso nell’ordine delle vedove. «è un passo voluto dal Signore – racconta Giuseppina – lui ci chiama all’impegno, so bene che lui mi capisce in profondità. di questa mia scelta ne parlai anche con i miei figli, Stefania e Giuseppe. con Stefania fu molto semplice, con Giuseppe, invece, che frequenta poco la parrocchia, ero molto ansiosa. un giorno eravamo a casa e trovai il coraggio di dirglielo. Mi aspettavo una sua reazione e, invece, si mise a piangere e mi abbracciò. capii così quanto il dono del Signore era compiuto».
Una vita dedicata all’Azione Cattolica, da quando frequentava l’istituto “Santa Caterina” di Campobello di Mazara. «Ricordo quelle tre parole scritte su drappi di tessuto: eucaristia, apostolato, eroismo». Maria Giovanna Indelicato oggi ha 65 anni e la sua vita è stata interamente dedicata alla chiesa. casalinga, mamma di due figli, Gaspare ed Enza, ha perso il marito nel 2003. Si chiamava Semì Luppino e, anche lui, è stato un uomo di grande fede. appassionato di canto, ha fatto parte del coro parrocchiale, che oggi prende proprio il suo nome. «La mia vita? è stata molto semplice – racconta Maria Indelicato – e, nonostante la morte improvvisa di mio marito, non ho mai perso la fede». decenni d’impegno silenzioso che contraddistinguono il suo temperamento, la sua riservatezza. La casa di Maria Giovanna è a poche decine di metri dall’oramai ex istituto “Santa caterina”, dove le ultime suore domenicane sono andate via nel 2003 e oggi i locali ospitano un centro d’accoglienza per i migranti.
Quell’istituto, così come la parrocchia San Giovanni Battista, è stata la sua seconda casa. al rintocco delle campane Maria Indelicato non perdeva tempo per partecipare alla santa messa. preghiera e servizio. perché in quell’istituto – oramai facente parte della storia cittadina a campobello di Mazara – hanno frequentato l’asilo quasi tutti i bambini del paese. Ricordi di un tempo che affollano la mente anche alla signora Indelicato che lì ha iniziato ad insegnare catechismo. «Mia mamma anna era una donna di fede – racconta – mio padre meno e negli anni è riuscita a portare ogni domenica mio papà in chiesa». La semplicità della persona è anche la semplicità dei racconti: «cosa devo dirle di più?» dice al cronista, mentre nel suo salotto sono in bella vista i cuscini dipinti a mano. La pittura e il ricamo i suoi hobby che incastra con gli impegni nell’azione cattolica, col catechismo il giovedì e con gli ammalati ai quali porta la comunione. «Quello che ho fatto sempre continuerò a fare – spiega – testimoniando il Signore. è lui che determina cosa noi dobbiamo fare della nostra vita».
Testi e foto di Max Firreri
Dono alla comunità ecclesiale e la famiglia diventa più grande
Nella nostra Chiesa si sta istituendo un ordine al quale apparterranno le vedove che sceglieranno di vivere in modo permanente il loro stato vedovile come vocazione al servizio del Regno. Tale proposito, espresso nelle mani del Vescovo, sancirà un particolare vincolo con la Chiesa al cui servizio si dedicheranno nella preghiera continua e nella carità operosa. Dopo aver manifestato al Vescovo il desiderio di intraprendere il cammino verso la consacrazione, la vedova solitamente comincia insieme ad altre candidate un cammino di discernimento e di formazione guidata dal delegato vescovile. Espletate le tappe del cammino, che prevede incontri formativi, tempi di preghiera e colloqui individuali, la vedova, accompagnata da una buona referenza del proprio parroco e dal parere favorevole del direttore spirituale, procede all’emissione del santo proposito durante una liturgia presieduta dal Vescovo, a cui segue l’iscrizione nell’albo diocesano dell’Ordine. Lo stato vedovile è stato sempre oggetto di particolare attenzione da parte della Chiesa, fin dalle origini. La stessa Bibbia parla spesso della vedova e delle premure di Dio nei suoi confronti. L’Antico Testamento ci fa conoscere figure concrete di vedove, alcune delle quali sono indicate come significativamente esemplari per l’intero popolo d’Israele. Il Nuovo Testamento ci presenta Anna la profetessa che, agli inizi della vita di Gesù, riconosce e celebra nello Spirito la venuta del Messia d’Israele. S. Paolo nella lettera a Timoteo dà delle direttive pastorali e disciplinari per le vedove che vogliono appartenere ad una istituzione che sarebbe responsabile di un’attività pastorale che si concretizza nella diaconia della carità. S. Agostino parlando delle vedove consacrate definisce la condizione di una donna che in seguito alla morte del marito, sceglie liberamente di vivere in castità e si lega con una promessa alla scopo di tendere alla perfezione. Nel Testamento di nostro Signore Gesù Cristo, trattato liturgico-canonico apparso in Siria nella seconda metà del V secolo, si coglie in maniera chiara come l’attenzione della Chiesa per le vedove consacrate sia ormai totalmente passata da una forma assistenziale ad una ministeriale organizzata, che affida loro l’intercessione per tutta la Chiesa e un ministero di carità a favore delle donne inferme, delle catecumene, dei poveri, dei pellegrini e degli ammalati. Torna ad essere praticata anche nella nostra Chiesa locale questa antichissima ma dimenticata consacrazione che, mediante il voto di castità perpetua, consacra la condizione di vedovanza alla preghiera e al servizio della Chiesa (cfr Vita consecrata n. 7). Le vedove consacrate, non dimentiche del loro passato coniugale, sono chiamate ad un nuovo impegno di generosità che fa tesoro della loro esperienza familiare nella nuova forma di vita. Siamo davanti a donne comunque segnate dal dolore per la perdita del marito, ma che, lasciandosi visitare dalla presenza del Risorto, sono diventate ministre della lieta notizia della Pasqua per coloro che esperimentano lo sradicamento degli affetti più cari dal loro cuore. Si tratta di un salto di qualità: scegliendo in forma positiva di vivere una condizione di castità consacrata, la vedova non viene meno a nessuno dei doveri familiari, ma li dilata dentro una famiglia più grande, che è la Chiesa. Dono alla comunità ecclesiale e alla società, la vedova svela l’identità della Chiesa come popolo pellegrinante verso Cristo glorioso ed edifica la comunità ecclesiale arricchendola di amore e di speranza.
Don Gianluca Romano
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