«Era così imprevedibile la tragedia del 3 ottobre 2013? Quella volta è giunta come un lampo, lesta come il fuoco nell’afa ventosa di agosto, fuoco che avvolse subito il ponte del barcone da dove centinaia di somali ed eritrei guardavano la costa oramai vicinissima di Lampedusa…». A sette anni dalla tragedia di Lampedusa e nel giorno in cui ricorre la Giornata nazionale del migrante, il racconto di don Stefano Nastasi – allora parroco a Lampedusa – inizia così, con una domanda senza risposta. Inizia con lo spolverare i ricordi, se mai ci fosse bisogno di schiarirli, «perché quel dolore è rimasto impresso come una stigmata nelle profondità del cuore», dice don Stefano. I suoi ultimi giorni di servizio pastorale a Lampedusa, dopo 6 anni sull’isola, si chiusero nel pianto.
Oggi don Stefano è parroco e Vicario foraneo a Sciacca. Ma non può dimenticare quella tragedia in cui persero la vita 368 migranti. Lui ha vissuto quei momenti senza riuscire a trattenere le lacrime, «il pianto della Chiesa e il suo dolore per i figli che ora non sono più – racconta – che provoca ancora quella lacerazione dell’anima che lascia degli squarci, delle ferite interiori che, anziché serrarla, la aprono all’esercizio della carità accogliente».
Quella tragedia, orribile ecatombe, ha segnato il 3 ottobre nella storia del mondo. Nel 2016 il Senato ha proclamato il 3 ottobre la “Giornata nazionale in memoria delle vittime dell’immigrazione”, per ricordare tutte le vittime dell’immigrazione: donne, uomini, bambini, bambine che hanno perso la vita cercando di oltrepassare un confine e che ancora oggi sono vittime di viaggi rischiosi in cerca di una vita migliore.
«L’evento del 3 ottobre 2013 lascia il segno – racconta – non è un problema di cifre ma di incontri con i volti travolti da una morte di acqua e di terrore, così il cuore ne rimane stimmatizzato. Sono segni di un dolore che, apparentemente, non traspare ma c’è, lo senti e ti accompagna, pronto per affiorare quando meno te lo aspetti».
L’8 luglio di quell’anno Papa Francesco ha scelto Lampedusa come sua prima Visita apostolica da Pontefice. Fu don Stefano con una lettera, a invitare Papa Francesco nell’isola. Don Stefano raccontò Lampedusa come «cuore del Mediterraneo», «naturale crocevia di popoli», «abitata da una comunità capace di farsi carico di gesti ascrivibili all’esercizio premuroso dell’incontro con l’altro». E il Pontefice ha accettato il suo invito.