[LA LETTERA] L’incendio, l’auto in fiamme e la gara di solidarietà, don Biondo: «Ho voluto vivere la vicinanza delle persone che ho incontrato»

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Il 18 aprile, Venerdì santo, mentre eravamo in processione per le vie della città, la mia auto è stata incendiata e mi sono ritrovato, da un momento all’altro, nell’impossibilità di assolvere ai miei doveri ministeriali, riguardanti l’Unità pastorale di Partanna, l’Ufficio diocesano per i beni culturali, l’Azione Cattolica (leggi qui la solidarietà espressa dall’AC), di cui sono assistente diocesano. Da subito, mentre l’automobile era ancora avvolta dalle fiamma, ho avvertito l’immediata solidarietà da parte di tutte le persone che si avvicinavano ed erano, assieme a me, sbalorditi per l’accaduto. Questa solidarietà, col passare dei giorni, è sempre più aumentata e si è concretizzata a Partanna, in altri luoghi della Diocesi e fuori di essa, con la scelta di aprire una sottoscrizione per provvedere all’acquisto di un nuovo veicolo. Ciò è avvenuto prontamente, per cui adesso posso di nuovo viaggiare liberamente.

Credo che solo chi ha vissuto situazioni analoghe possa capire il senso di smarrimento che ho provato allora e nei giorni successivi e ho potuto sperimentarlo concretamente dalla palpabile vicinanza di chi ha vissuto lo stesso dramma. Tuttavia ho cercato di non lasciarmi condizionare e ho sollecitato me stesso e tutta la comunità a non restare dentro le logiche tremende del giudizio, dell’odio e della vendetta nei confronti di chi ha sbagliato, ma ad avere nei suoi confronti sentimenti che si aprissero alla compassione e alla misericordia, lasciando alla giustizia il compito di fare il suo corso. Solo il perdono, infatti, vissuto alla luce della fede, pone le basi per una riconciliazione che redime e salva. Ho voluto poi vivere la vicinanza e la solidarietà di tutte le persone che ho avuto modo di incontrare come segno bello di una comunità civile, che non accetta e condivide le logiche della violenza, e della comunità ecclesiale verso un suo presbitero che, con tutti i suoi limiti, si sforza di vivere il servizio ministeriale nei confronti della Chiesa di Dio.

Don Pino Biondo (a destra), con don Luigi Ciotti e il Vescovo.
Don Pino Biondo (a destra), con don Luigi Ciotti e il Vescovo.

Ho chiesto a coloro che hanno coordinato questa raccolta di solidarietà di non comunicarmi i nominativi e il contributo che è stato donato, perché ciò non costituisse motivo di condizionamento verso le persone, e potessi così restare libero negli incontri e nelle relazioni. Al tempo stesso mi sono impegnato a pregare il Signore per tutte le persone che incontrerò lungo la strada: solo Lui conosce il cuore di chi dona con gioia. Non so se è un sogno. Ma sarebbe bello se questa iniziativa diventasse stile ordinario di una comunità civile e religiosa per rendersi, in tal modo, presente e operante nei confronti di chi, suo malgrado, subisce episodi di gratuita violenza. Una comunità che mostrasse condivisione e segni di solidarietà, credo, costituisca la strada maestra per l’educazione a una mentalità che prende a cuore il bene di ciascuno e di tutti e perciò il migliore antidoto contro ogni forma di violenza. È con questi sentimenti che desidero ringraziare pubblicamente tutti e ciascuno: chi riveste ruoli di responsabilità nella società civile, amministratori, forze dell’ordine, e chi vive da semplice cittadino, chi svolge un ministero nella comunità ecclesiale, vescovo, presbiteri, e chiunque viva, nel popolo di Dio, la propria vita battesimale, per la presenza, la vicinanza e la solidarietà mostratami.

Don Giuseppe Biondo

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