[LA STORIA] La testimone di giustizia Piera Aiello: «La mia fiducia riconquistata nella Chiesa»

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Una fiducia verso la Chiesa «riconquistata». Quella che aveva perduto nel periodo in cui iniziò a collaborare con la giustizia. Piera Aiello, oggi parlamentare del M5S, è stata per più di vent’anni una testimone di giustizia senza volto. Si mostrava in pubblico col velo davanti gli occhi e ha sempre dovuto nascondere la sua vera identità per ragioni di sicurezza. Oggi che è diventata parlamentare eletta a Marsala (città dove ha sede la Procura con la quale iniziò a collaborare) è tornata nuovamente Piera Aiello e racconta, per la prima volta a Condividere, del suo riavvicinamento con la Chiesa.

Una confessione pubblica a 27 anni da quel giugno del 1991 quando i sicari ammazzarono in una pizzeria di Montevago suo marito Nicola. E lei fu testimone di quell’uccisione, vedendo in faccia chi aveva fatto fuori il suo coniuge. Originaria di Partanna, in provincia di Trapani, Piera Aiello è cognata di Rita Atria, la giovane che si suicidò a pochi giorni dall’attentato al giudice Paolo Borsellino. Il giro di boa della sua vita avviene dopo la morte del marito, in un momento storico che vede Partanna al centro della guerra di mafia tra opposte famiglie. «Fu in quel periodo che denunciai i mafiosi del mio paese, facendo nomi e cognomi al giudice Paolo Borsellino e gli arresti avvennero poco tempo dopo, racconta. Tutto filava liscio quando in tv vidi che in un’intervista il mio parroco di Partanna accusò me e mia cognata Rita di essere «due pazze che hanno rovinato tanti padri di famiglia».

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Fu quello il momento della rottura: «Capii che io e la Chiesa non avevamo più nulla in comune, mi sono sentita rinnegata », racconta ora Piera Aiello. Eppure la sua infanzia l’aveva vissuta in ambienti molto vicini alla Chiesa. Frequentava la parrocchia, tra suore e preti: «Quando mia mamma veniva a prendermi, col sorriso sulle labbra, mi diceva che sarei diventata una suora…». Non successe. Piera, in questi decenni, ha vissuto lontano dalla Sicilia, in una località segreta, con una nuova identità, scegliendo di portare la sua testimonianza nelle scuole d’Italia.

Lungo il cammino sono stati due uomini di Chiesa a farle riconquistare la fiducia: «Sono stati don Luigi Ciotti e monsignor Domenico Mogavero che mi hanno fatto capire che la Chiesa in realtà ero io nello spirito e nel corpo». L’uno prete, fondatore di “Libera”, l’altro Vescovo di Mazara del Vallo, la Diocesi di cui Partanna fa parte. «È stato don Ciotti a cercarmi, mi ha voluto incontrare e, toccando con mano la ferita ancora aperta, mi ha proposto di essere sua amica. Mi disse: “vedimi come amico”». Con “Libera” in questi anni Piera Aiello ha fatto un encomiabile lavoro, facendo conoscere in tutta Italia la sua storia.  A Mazara del Vallo, invece, ha incontrato per la prima volta monsignor Mogavero: «Mi chiamò, ci incontrammo per la prima volta in una messa commemorativa di Rita a Partanna che lui presiedeva, poi mi invitò in Palazzo vescovile a Mazara del Vallo.

Umberto Lucentini.

È stato lui a volere che presentassi proprio in Diocesi il mio libro scritto con Umberto Lucentini, “Maledetta mafia”. Sono tornata in Sicilia con mia figlia, che fino ad allora si era rifiutata di partecipare a qualsiasi iniziativa. Con lei avevo rapporti conflittuali, al limite dell’educazione per il quieto vivere. Ma quell’incontro ha segnato anche una svolta nei rapporti con lei».  Piera Aiello ha riconquistato oggi fiducia piena nella Chiesa: «Penso che Dio si manifesta in tanti modi, si presenta vicino alle persone che hanno perso la strada; io ho avuto la fortuna di trovare due uomini di Dio che mi hanno preso la mano e mi hanno guidata nella via che un tempo avevo smarrito», conclude Piera Aiello, rimasta legata alla sua Sicilia.

Testo e foto di Max Firreri

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