Un mese nel cuore dell’Ecuador: un paese pieno di colori, di gente, di razze diverse, con una grande fede, un popolo capace di vivere la vita a partire della sua religiosità. Quella che noi chiamiamo religiosità popolare è una manifestazione, forse per noi occidentale non dentro i canoni stabiliti dai palazzi pontifici, ma senz’altro la manifestazione di una fede semplice e pura, di un popolo che ha súbito tante inguistizie e tante oppressioni e che incontra nella fede una forza per affrontare la realtà difficile e dura della vita. Parliamo in questo caso del popolo afro della zona Nord di Esmeraldas (Ecuador), discendenti degli schiavi che a partire della conquista europea gli sono stati calpestati i loro diritti e la loro dignità. Limones, una piccola isola nell’Oceano pacifico, circa 5 mila abitanti, con tanti villaggi lungo il fiume o alle foci, circondato da un ecosistema unico al mondo, di Mangrovie, un pezzo di paradiso, dove, in passato, sono stato parroco per 10 anni. Una esperienza indimeticabile, che mi ha coinvolto a vivere gli anni più belli della mia vita, che, con orgoglio posso dire, mi hanno reso la vita bella, la gente semplice e umile mi ha insegnato tanto, anzi tantissimo, ancora oggi sono i miei maestri di vita. A Limones, il 3 novembre di ogni anno si celebra la festa Afro, la festa più bella e partecipata della provincia, mille e mille di afroecuatoriani con le loro balsas (zattere), canoe e strumenti musicali elevano la loro voce per festeggiare San Martino de Porres.
San Martino nacque a Lima, nel Perù nel 1579, il padre era un nobile spagnolo mentre la madre una ex schiava di origine africana. Il padre non ebbe mai gran cura del figlio; la madre invece cercò di impartigli un minimo di istruzione. Da giovinetto, per guadagnarsi un pò di soldi, iniziò a lavorare come garzone presso un barbiere; poi, pian piano, apprese qualche nozione di chirurgia, che in seguito lo rese un valido infermiere. Desideroso di donare la vita a Dio ed ai poveri, entrò nell’ordine domenicano. Nonostante le tante difficoltà è ricordato per i molteplici doni di grazia e di santità, dalla bilocazione, alla profezia, alla carità cristiana e alle scienze infuse. Proclamato Beato da Papa Gregorio XVI nel 1837, fu canonizzato da Giovanni XXIII il 6 maggio 1962, dopo un iter iniziato nel 1660 e poi interrotto. Martino de Porres è considerato il primo santo di colore della chiesa cattolica. In Perù e in America Latina è il Santo della giustizia sociale. La commemorazione liturgica ricorre, appunto, il 3 novembre.
La gente di Limones nella sua maggioranza afro ha riconosciuto in San Martino di Porres il suo patrono, ma anche il suo fratello, amico, avvocato, colui che lo accompagna nella lotta per una vita più degna e più giusta. Partecipare alla processione per le strade de Limones e dopo in quella processione acquatica fatta di tante zattere e canoe, che portano il Santo nel villaggio di Canchimalero nel suo Santuario, ricostruito nel 1991 con la partecipazione massiccia delle gente, é una esperienza toccante. Tutti cercano di avere tra le mani un striscia di stoffa di diferente colore per ricevere la benedizione del Santo; al centro della festa la celebrazione della Santa Messa presieduta dal Vescovo con danza, canti arrullos, dove i movimienti, le voci e gli strumenti in una armonicamente formano un canto elevato a Dio per ringraziare San Martino di tutti i benefici ricevuti e da ricevere.
Dopo la messa un grande pranzo comunitario (c’è cibo per tutti), forse un altra moltiplicazione dei pani e dei pesci, siamo proprio sulla spiaggia, Non manca la musica e il ballo, che vede tutti con gioia passare il pomeriggio in famiglie in una festa che passa ad essere un giorno speciale, un luogo d’incontro, molti sono arrivati da lontano, dalle città dove lavorano per partecipare alla festa del loro paese. Non voglio essere presuntuoso ma per me ogni volta che partecipo mi sembra un vero miracolo, Dio agisce nella vita del popolo di Limones.
La religiosità popolare ha riti, simboli e linguaggi propri che esprimono purezza e spontaneità. Sono riti profondamente radicati nella cultura popolare e anche per questo consentono un approccio meno formale e meno intellettuale alla religione. Incarnano la spiritualità profonda della gente più umile e avendo radici popolari, sono spesso legati alla natura, alla terra e al trascorrere delle stagioni. «La pietà popolare è una strada che porta all’essenziale se è vissuta nella Chiesa in profonda comunione con i vostri Pastori». Papa Francesco cita un testo che gli è caro, il “Documento di Aparecida” del 2007, dove « i Vescovi latinomericani hanno scritto che la pietà popolare di cui siete espressione è “una modalità legittima di vivere la fede, un modo di sentirsi parte della Chiesa”». «È bello questo! – commenta il Pontefice – Una modalità legittima di vivere la fede, un modo di sentirsi parte della Chiesa».
La religiosità popolare è una vera teologia, non fatta nei banchi di una Università, ma dalla vita stessa della gente, la teología del popolo che siamo chiamati ad ascoltare e ad imparare per essere fedeli al Vangelo; si tratta di una realtá in permanente sviluppo, dove lo Spirito Santo é il protagonista. Non basta fare qualcosa per i poveri, dobbiamo metterci all’ascolto dei poveri e del popolo per una vera conversione postorale, per imparare da loro a vivere le beatitudini “beati i poveri”, questo è lo stile di Gesù.
Da Limones (Ecuador)
Don Enzo Amato