L’ultimo caso è accaduto pochi giorni fa in Piemonte: una bambina di 12 anni è morta impiccata in bagno. L’ipotesi, un’altra folle sfida su Tik Tok. Esattamente come quella formulata per la morte della coetanea palermitana avvenuta appena lo scorso 21 gennaio, o del bambino deceduto a Bari con le stesse modalità il successivo 26 gennaio. Tante tragedie, tutte accumunate dal rapporto, sbagliato, con i social network e dall’uso smodato dei dispositivi tecnologici per la connessione a internet da parte dei minori.
I social, e più in generale il web, fanno oramai parte della nostra vita, occupano le nostre giornate, condizionano nostri comportamenti e le nostre relazioni: siamo sempre connessi alla rete, confusi tra il mondo reale e quello virtuale. I bambini, essendo nativi digitali, cresciuti con (e tra) computer, internet, smartphone e tablet, sono completamente immersi nella rappresentazione virtuale della tecnologia cibernetica che vivono naturalmente come se fosse quella reale. Ci addoloriamo se i nostri figli si fanno male o se addirittura muoiono per qualcosa che hanno appreso o che è stato detto loro di fare da un sito webo da un canale social, ma non possiamo certo stupirci! Dobbiamo avere la consapevolezza che la forza dei messaggi della rete è amplificata perché raggiunge soggetti privi di capacità critiche come i bambini.
Ma anche perché si tratta di messaggi che provengono da una dimensione che per i bambini è comunque “familiare” e appare loro affidabile e anche credibile perché in essa trascorrono molta parte del loro tempo, senza limiti e controlli, spesso anche con il consenso degli stessi genitori che lasciano i propri figli attaccati ai dispositivi perché privi di risorse o stimoli per impegnarli diversamente. Lo spazio cibernetico costituisce per le nuove generazioni ciò che per le precedenti hanno rappresentato la strada, l’oratorio, la piazza, i luoghi fisici di incontro e di relazioni. In questa agorà virtuale i nostri bambini e i nostri adolescenti apprendono, conoscono, giocano, si ritrovano, si relazionano, in una parola, vivono, spesso inconsapevoli dei pericoli e delle insidie ai quali sono esposti, connaturati alle caratteristiche del mezzo tecnico e alle modalità della stessa comunicazione.
Si pensi all’adescamento di minori online da parte di adulti; alle possibilità manipolative giocate su un piano consono alle aspettative e ai desideri dei minori per vincerne le resistenze emotive e soggiogarli ai propri scopi, il più delle volte di natura sessuale; ai danni, enormi, collegati alle varie forme di esposizione se non di vera e propria esibizione in rete da parte di minori mediante foto e video, sovente con contenuti sessualmente espliciti; alla perniciosità della diffusione di notizie, offese, minacce da parte minori nei confronti di coetanei, vittime del cyberbullismo. La commistione tra realtà virtuale e reale, difficilmente distinta nella percezione dei minori, la mancanza del senso del limite del tempo trascorso in rete, incidono negativamente sulle loro condotte, sulla qualità dell’apprendimento e delle stesse relazioni interpersonali.
In un contesto sociale in cui le tecnologie telematiche permeano la nostra esistenza sarebbe però sbagliato interdire ai minori l’uso della rete, perché le privazioni possono essere altrettanto dannose, trasformando gli smartphone, internet e i social in un tabù. Come sarebbe altrettanto dannoso non spiegare i benefici e le tante cose buone che l’innovazione digitale ci ha portato, supportandoci nelle nostre quotidiane attività, “accorciando” il mondo, abbattendo le barriere, diffondendo e velocizzando le conoscenze. Servono, ovviamente, intelligenti controlli da parte dei genitori, ma soprattutto è necessario realizzare un vero e proprio processo educativo, con il coinvolgimento pieno e istituzionalizzato della scuola all’uso della rete, con regole chiare e semplici, partendo dai più piccoli, già al momento dei primi contatti con i dispositivi telematici.
Occorre renderli consapevoli dei valori fondamentali che devono orientare il loro comportamento, a cominciare dal rispetto verso sè stessi e verso gli altri, come quando, proprio ai bambini, si insegnano le regole elementari della circolazione stradale, spiegando l’importanza dell’attraversamento sulle strisce pedonali o del rispetto della segnaletica per non rischiare di essere coinvolti in un incidente. Si deve accrescere la loro responsabilità anche attraverso una sana “paura” nell’uso dei media, dei social e di internet perchè non debba più accadere che i nostri bambini si lascino convincere a mettersi una corda al collo senza avere nessuna idea delle possibili conseguenze fisiche del gesto, senza sapere che la vita è molto più di una challenge. Anche se la sfida può farti guadagnare dei like e una evanescente fama.
Massimo Russo
Procuratore della Repubblica facente funzioni presso il Tribunale dei minori di Palermo