«Vivere la festa patronale libera da ogni condizionamento, espressione pura della fede di un popolo che si riconosce famiglia di Dio e rinsalda i vincoli della fraternità e della solidarietà». (Omelia di Papa Francesco in occasione della visita pastorale alla Chiesa di Caserta, 26 luglio 2014). Con queste parole Papa Francesco ci dice, in maniera completa e sintetica, come dobbiamo vivere le feste patronali in questo attuale contesto sociale. Viverli come momenti in cui, attraverso l’espressione popolare della fede, possiamo riconoscerci famiglia e quindi risaldare vincoli di fraternità e di solidarietà.
Nel nostro territorio diocesano tante sono le feste patronali, manifestazioni che ininterrottamente si ripetono ogni anno per ricordare il proprio patrono o la Vergine Maria, momenti che in se esprimono l’identità di un popolo, di una città. In maniera particolare la città di Salemi, il prossimo 6 dicembre e 8 dicembre, si prepara a celebrare il patrono, San Nicola, e la venerata protettrice Maria Ss. Immacolata, una singolare devozione mariana unica in tutto il territorio diocesano, ricca di colori, suoni ed emozioni tipici del territorio salemitano.
Alla vigilia di queste feste sembra opportuno riflettere sulle parole del Papa sopra riportate. La fede popolare ha dignità nella Chiesa perché permette, in maniera semplice e veloce, il sentirsi tutti un’unica famiglia. La festa patronale, più che la festa del santo, è la festa del popolo che la celebra, sarebbe contraddittorio utilizzare questi momenti per scopi corrotti o sottovalutandoli, rimanendo indifferenti alla loro celebrazione. Ri-celebrare ogni anno una festa, semplicemente come mera ripetizione di gesti e di azioni, senza coglierne il messaggio cristiano e la potenziale risorsa sociale che custodisce ci condurrà a far morire la stessa festa, perché vuota di “vita” stancherà tutti e dall’altro lato diventerà non occasione di crescita ma di deformazione perché sarà privata del suo significato e del suo legame allo Spirito.
Accingiamoci a vivere le nostre tradizioni popolari come occasione per stimolare e permettere di acquisire, come abitudine nella vita sociale, la solidarietà e la fraternità, uniche vie per contrastare i tanti condizionamenti corrotti che non permettono lo sviluppo del bene comune e della persona. Viviamo e cogliamo questi momenti per sperimentare meglio, come sottolinea l’attuale Piano pastorale diocesano, il nostro essere comunità ecclesiale in cammino per crescere nell’amore.
Don Alessandro Palermo