Nelle vostre mani consegno i miei più sentiti ringraziamenti per aver dedicato una piccola parte del vostro tempo qui. Una piccola parte che percepita da un detenuto e tutt’altro che piccola, forse non quantificabile, come uno spazio infinito. E purtroppo come lo spazio ha i suoi buchi neri. Ecco perché vi invito a proseguire questo cammino spirituale e di carità, verso chi per motivi giudiziari è privato in parte della libertà terrena. Avete portato allegria, colori, leggerezza … anche se per pochi giorni, velocemente trascorsi, come un battito d’ali, il volo di una farfalla, che casualmente porta proprio allegria, colori e leggerezza. Per ultimo ma non meno importante, un grazie a suor Cinzia, a suor Enrica e alle simpatiche volontarie Concetta, Daniela, Anna e Lidia. Tutto questo non sarebbe possibile senza il loro cuore, non servono parole auliche per descrivere il loro costante impegno. Spero non diventi reato stare così tanto tempo con noi detenuti.
Dario Nicolicchia, detenuto presso il carcere di Castelvetrano
Oltre le Mura
Oltre le mura non è solo un grido muto o un altro anello di una lunga catena ma è un lamento sordo e non è stato suggerito dal fiorire del rancore e del perdono che in qualche modo tutti ci dobbiamo. Oltre le mura è una scala ed ognuno di noi ne è un gradino. Oltre le mura è un ponte che legato con la forza delle braccia unisce gli argini di due realtà, per alcuni versi lontane ed altre vicine. È quel filo tra cuore e mente, pensiero e reazione, bene e male, comunque parte di tutti. Oltre le mura non è una mia poesia ne una favola dolcemente imposta. Oltre le mura è l’essere umano, e sei tu, e sono io, mentre ognuno di noi è l’altro, tutti però responsabili di quanto per natura è opera umana. Le bandiere, le sentenze, gli ideali, i termini e cose che sovente giustificano le violenze, l’intolleranza o comunque l’ingiustificato diritto di violentare il dono della vita.
Cos’è il giudizio se non sappiamo guardare in faccia con umiltà e rispetto. Le mura che io vedo possono essere fredde, squallide, opprimenti ma, mi spaventano di più quelli che materialmente non ci vedono ed uno di questi è la diga del nostro egoismo. Ognuno di noi ha la sua cella, essa è fatta di condizionamenti, di dottrine, di paure e di tante altre cose che ci imponiamo o che ci vengono imposte. Ognuno di noi ha la sua morte che lo aspetta ma ognuno di noi può essere padre di vite se comprendiamo che con la forza dell’insieme troveremo le mani che si uniscono, i gradini delle scale ed infine le chiavi delle celle. L’uomo sovente fa scelte sbagliate: ruba, ferisce, uccide, e quest’ultimo anche con le sole parole, ma perché chi gli è vicino è sempre così sordo alle lacune altrui, anche se madre natura ci ha fornito di tutti i sensi necessari per poterci ascoltare, parlare, amare o imparare a farlo. Formicai di genti oneste, non siate sempre così poveri e mostrate la mano che, lanciato il sasso, vi appartiene ed insieme impareremo il perdono e l’amore.
Tommaso, detenuto presso il carcere di Castelvetrano
L’esperienza che ho vissuto con le volontarie in carcere
Essere detenuto non è solo un castigo per riflettere sugli sbagli commessi, è anche una perdita di odori ed emozioni che una persona prova in libertà. Quando si è detenuti da molto tempo, arriva il giorno in cui ti rendi conto che le tue suole delle scarpe sono pulite mentre le scarpe delle volontarie hanno preso il colore dell’asfalto. Senti che c’è un mondo fuori di qua. Confrontarti con persone giovani che lasciano la propria famiglia a migliaia di chilometri di distanza, per venire in carcere, ti fa capire che fuori c’è tanta umiltà e voglia di amare il prossimo. Nella vita c’è da imparare anche da persone più piccole di te. Queste ragazze mi hanno insegnato che aiutare il prossimo, quelli più deboli ti fa sentire più forte e sicuro di te.
Rino, detenuto presso il carcere di Castelvetrano
Serenità
Giorni di serenità e armonia. I ragazzi ci hanno permesso di vivere delle emozioni diverse. Un po’ di “libertà”. Abbiamo fatto braccialetti, portachiavi e abbiamo comunicato con i ragazzi. Ci siamo sentiti come in famiglia ed in mezzo a degli amici. Vogliamo ringraziare tutti per tutto quello che ci hanno donato, anche se a costo di sacrifici. Vogliamo ringraziarli per l’esperienza che hanno voluto condividere con noi.
Vlase, Woldu e Giuseppe, detenuti presso il carcere di Castelvetrano
Punto Interrogativo
Non so chi sono quando arrivo, penso solo ai miei problemi, alle mie spalle ho il mio “ieri”. Pregiudizi e pensieri, non devono essere ciò che temi. Con le ansie dell’incontro, abbiamo coltivato un confronto. Come in una stanza senza soffitto, una boccata di serenità, ci ha fatto gustare la libertà. E nessuno è rimasto sconfitto, aprendo tutti il nostro cuore, camminiamo insieme per vivere un mondo migliore.
Gioacchino, Francesco, Alessandra, Valentina, Giuseppe, Dina, Woldu e Vlase
Ridere insieme con le mani sul cuore
Castelvetrano e Milano tutto iniziò con una stretta di mano. Non sapevamo nulla di ciò che avremmo incontrato. Paura, timore, ma anche tanta voglia di conoscere storie diverse che potessero arricchirci. Varcata la soglia della Casa circondariale di Castelvetrano si è aperto un mondo sconosciuto per noi. Il rumore delle porte di ferro che si chiudevano dietro di noi ci ha fatto capire che la vita dentro il carcere è molto diversa da quella esterna. Siamo stati accolti con tanto affetto e simpatia dai ragazzi che chiedono di passare un po’ di tempo insieme per colorare la giornata. La collaborazione nei lavoretti ha creato complicità ed armonia. Tra risate e canzoni, piano, piano i ragazzi hanno aperto il loro cuore e ci hanno mostrato le loro ferite, le loro cicatrici e la voglia di riscatto. Il tempo per loro non passa mai e le lancette dell’orologio sono lentissime, con noi il tempo è volato.
Questa esperienza è stata molto bella, costruttiva e indimenticabile. I ragazzi ci hanno lasciato un ricordo speciale, ci hanno fatto capire che dobbiamo apprezzare la libertà e vivere giorno per giorno come se fosse l’ultimo. Per noi ragazzi della Casa Circondariale questo contatto con i volontari è stato meraviglioso perché ci ha ricordato i momenti felici vissuti fuori dal carcere. I giovani volontari ci hanno regalato tanta allegria e gioia ed hanno spazzato via tutta la tristezza che avevamo dentro di noi. Sono stati come un raggio di Sole e li vogliamo ringraziare con tutto il cuore compresi suor Cinzia, suor Enrichetta, Lidia, Concetta, Anna, Daniela, Mimmo e tutti quelli che dedicano il loro tempo a noi, grazie di Cuore.
Davide, Marta, Francesco, Gaetano, Sebastiano, Concetta
Il sole, questo sconosciuto … il sole un po’ meno sconosciuto
Sempre nascosta dalle nuvole è Milano. Ma io ce l’ho dentro. Il sole. Ho tanto amore da dare, devo solo capire come. Ho deciso che voglio crescere e voglio farlo con Dio. Mi è stata proposta un’esperienza con i detenuti della casa circondariale di Castelvetrano. Le suore di Carità di Maria Bambina accolgono me e i miei compagni nella loro casa, ci ospitano con gioia per una settimana, condividendo con noi i loro progetti, la loro missione di carità. Al mattino ci alterniamo tra spesa, cucina, riflessioni riscopriamo una vita di condivisione e familiarità. Alcuni di noi scendono in strada e incontrano ragazze oppresse da un sistema che è più grande di loro. Arrivano dalla Nigeria ed hanno un debito da pagare con chi ha promesso loro una vita migliore.
Ma la loro vita non è affatto quella che si aspettavano. Sono sfruttate e costrette ad una relazione con il prossimo che è tutto fuorchè amore. Ascoltiamo quello che hanno da dirci ma anche i loro silenzi, perché sono soprattutto i loro sguardi a parlare. E i loro occhi chiedono aiuto, un aiuto che le suore ci insegnano a capire e a donare. Nel pomeriggio incontriamo altri occhi: sono occhi che cercano la libertà. Si stanno aprendo le sette porte, che strana senzazione, le sbarre. Sono tesa, curiosa, spaventata ma fiduciosa e come me gli altri, i pensieri così rumorosi, riempiono questa stanza ancora vuota. Così, arrivano. I giorni qua dentro sono tutti uguali. Ogni mattina vedo il sole sorgere e tramontare dalla stanza. Lo conosco bene, il sole. Ma lo racconto a modo mio.
Questa settimana abbiamo degli ospiti, viene a trovarci un gruppo di ragazzi. Sono contento. Tutte le cose belle finiscono in fretta, anche questa sarà così, sarà breve. Però desidero un’esperienza che rompa la routine. Per due ore usciamo con la mente dal carcere, è quasi come tornare a casa. Sono ragazzi da ammirare loro, non so se molti di noi farebbero altrettanto al loro posto. Il tempo è prezioso, e hanno deciso di dedicarlo a noi. Noi che siamo emarginati, noi che abbiamo sbagliato. Noi che siamo esseri umani. Si stanno aprendo le sette porte. I ragazzi ci aspettano, sembrano bravi ragazzi. Hanno occhi pieni di gioia. I nostri sono rassegnati, vuoti. Questo posto tira fuori il peggio di ognuno di noi. Ma oggi, i nostri occhi, sono un poco pieni, pieni di loro. Di questi ragazzi che stiamo per incontrare e conoscere.
Francesca, Dario, Giuseppe, Alice, Benedetta, Domenico, Francesco