Padre Bartolomeo Sorge è stato ospite, qualche giorno fà, del Seminario vescovile di Mazara del Vallo nell’ambito del percorso di formazione “Tra le pagine della politica. Libri e testimoni per responsabilizzarci”.
Lei, padre Sorge, ha speso alcuni anni della sua vita nella nostra bella e “sfigurata” Sicilia. Quali “passi”, quali cambiamenti devono ancora compiere i siciliani e chi li amministra?
«Quando giunsi a Palermo nel 1985, quello che maggiormente mi colpì non furono tanto i gesti criminali della mafia, quanto la rassegnazione della gente, che non aveva la forza di reagire e di indignarsi di fronte a soprusi e a delitti infamanti. Finché non cambierà questo atteggiamento passivo della gente, finché il bisogno di legalità non sarà più forte della paura e dell’omertà, a ben poco serviranno i bei discorsi ai funerali delle vittime della criminalità organizzata e la riforma pur necessaria della pubblica amministrazione».
Cosa sta insegnando Papa Francesco, con le sue parole e con i suoi gesti, a noi come membri della Chiesa e come cittadini italiani?
«L’insegnamento di Papa Francesco va esattamente in questa direzione. Da un lato, egli insiste sulla necessità di un cambio di coscienza e di mentalità, confidando nella misericordia di Dio e nel perdono. Dall’altro, ribadisce continuamente la necessità di una fraternità autentica, che si traduce nella “cultura dell’incontro”, cioè nella legalità e nel senso di solidarietà, necessari per fondare la convivenza civile sul bene comune, sulla giustizia e sulla pace».
Come valuta l’attuale situazione socio-politica in italia e in particolare il nuovissimo Governo Renzi?
«Abbiamo toccato il fondo! occorre ristabilire la fiducia nella politica e nella classe dirigente. Il governo Renzi si è appena insediato, quindi è prematuro esprimere giudizi. è molto importante, però, che esso abbia suscitato un clima di attesa e di speranza, diverso da quello di rassegnazione in cui erano nati gli ultimi precedenti governi. Renzi è riuscito a diffondere un senso di coraggio e un dinamismo nuovo, facendo sperare che finalmente la situazione sia in movimento. Il rischio è evidente: guai se questa speranza venisse un’altra volta delusa! ma è un rischio che bisognava correre».
Come spiega la “fuga” – che dura da più di un decennio – dei cattolici dalla politica?
«La politica ha perso l’anima ideale ed etica. e, come avviene per ogni realtà viva, se perde l’anima muore. Se muore, marcisce e si corrompe. La corruzione della politica è divenuta insopportabile e tutti i giorni è sotto gli occhi di tutti. nessuno sembra salvarsi! Come potrebbe un cristiano, portatore di alti ideali, sentirsi spinto a fare politica? Lo stesso vale per tutti i cittadini onesti e di buona volontà. Dove sono oggi le figure esemplari, che con la loro testimonianza facevano amare la politica e suscitavano nei giovani il desiderio di seguirli e imitarli? occorre, dunque, che i cristiani reagiscano, si formino alla politica, animati da una vera spiritualità dell’impegno sociale. Che vivano la politica come vocazione al servizio e non come una professione qualsiasi. vorrei dire che più profonda è la crisi e più c’è bisogno di cristiani impegnati. I tempi bui sono i tempi propri del cristiano. non ha forse detto il Signore: “voi siete la luce del mondo?”».
Lei, qualche anno fa, proponeva ai cattolici un impegno attivo nella cosiddetta “area popolare democratica”. È ancora questo il suo orientamento? e cosa significa concretamente?
«La proposta di dare vita a un’area popolare democratica non era stata un scelta fatta a tavolino, a priori! essa era suggerita dalla difficile situazione di crisi dei partiti, che si era creata dopo la fine della Prima Repubblica e dopo la fine delle ideologie di massa, quando non era ancora chiara la piega che avrebbe preso la vita politica. Il sopravvenire della terribile e interminabile crisi mondiale ha cambiato radicalmente il quadro politico e gli equilibri del sistema. Perciò, oggi, la proposta dell’”area popolare democratica” come sbocco concreto d’impegno politico non è più proponibile. Resta valida, invece, la sua intuizione di fondo. In sostanza non era altro che l’aggiornamento e l’attualizzazione del popolarismo sturziano. è interessante notare che in questa stessa direzione si muove oggi Papa Francesco nella esortazione apostolica Evangelii gaudium (nn. 217-237), quando – certamente senza intenderlo in modo diretto – parla dei quattro criteri evangelici per una “buona politica”. Sono i medesimi quattro principi, aggiornati, sui quali don Sturzo fondava il suo popolarismo».
Don Francesco Fiorino