[L’INTERVISTA] I vini tra qualità e quantità. Taschetta (Colomba Bianca): «Fare sistema per andare nel mondo»

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Presidente, la Sicilia è oggi una terra dove si producono ottimi vini di qualità. Ma nei mercati internazionali bisogna confrontarsi con le altre produzioni. Su quale valore aggiunto possiamo contare affinché si possa rimanere nel mercato?

«La Sicilia è una terra con un potenziale enorme per fare vini di ottima qualità; dobbiamo convincerci tutti di questo e comportarci di conseguenza. Questa presa di coscienza potrà aiutarci a trasformare il potenziale, in maggior reddito per i produttori. purtroppo occorre riconoscere che a oggi tanti vini siciliani non riscontrano il gusto dei mercati internazionali; occorrono vini eleganti, freschi che non si ossidano facilmente e che durino inalterati nel tempo. È finita un’epoca, prima ne prenderemo atto, meglio sarà per tutti. è fondamentale fare sistema, occorre un gioco di squadra che lavori a un grande progetto di lungo termine in cui ognuno faccia bene la sua parte. Serve una visione che spinga tutti gli operatori a lavorare per alzare l’asticella della percezione di qualità dei nostri vini, in modo da dare valore aggiunto a un prodotto, che altrimenti non riesce a sostenere la concorrenza di tante altre aree viticole del mondo. Questa terra merita molto di più di quello che oggi riesce a ottenere. Dobbiamo lavorare sui nostri punti di forza; abbiamo una cultura millenaria, arte, storia, archeologia che occorre legare ai nostri vini e far capire al mondo che bere sicilia è qualcosa di più che bere un ottimo vino. Una carta che la nostra terra dovrebbe giocarsi è quella del biologico. più volte ho sostenuto che sarebbe auspicabile che l’intera sicilia diventasse un’isola bio, non solamente per il vino, ma per tutto l’agroalimentare. Immaginiamoci l’effetto dirompente che potrebbe avere sui mercati di tutto il mondo…».

Il presidente Dino Taschetta.
Il presidente Dino Taschetta.

Più quantità spesso fa a pugni con più qualità. Quale è l’attuale situazione e la sua analisi del comparto vitivinicolo in provincia di trapani?

«Non sempre più quantità è in contrasto con la qualità. Se esaminiamo le regioni più famose del mondo del vino, spesso corrispondono a grandi aree viticole, dove vengono prodotti milioni di ettolitri. Il punto è che sono stati bravi a creare prodotti che risultano irresistibili alla vista dei consumatori, con caratteristiche uniche, che colpiscono l’immaginario collettivo, e che la gente è disponibile a comprare, anche senza conoscere la qualità intrinseca dei vini. È chiaro che questa deve esserci, ma altrettanto importante risulta tutto ciò che si riesce a costruire attorno a un prodotto. Per quanto riguarda la situazione della nostra provincia, basta chiedere a qualunque agricoltore per capire il disastro a cui rischia di andare incontro. Nessuno a lungo termine potrà permettersi di lavorare in perdita e, se al più presto non troviamo il modo di remunerare meglio le uve, la gente ci abbandonerà, rendendo ancora più povero il territorio».

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Le aziende private hanno fatto notevolissimi passi avanti rispetto alle strutture cooperativistiche e alle cantine sociali, spesso contrassegnate da epiloghi ingloriosi. Eppure alcune realtà, come quella che presiede, hanno fatto la loro parte positivamente nel comparto. Quali sono state le chiavi del successo?

«Da presidente della più grande cooperativa siciliana affermo che uno dei problemi maggiori del settore è stato quello di essere troppo sbilanciato verso il mondo della cooperazione. Questo, per lunghi anni, anche per colpa di una legislazione tendente ad addormentare le menti della gente, ha creato danni irreparabili. Infatti mentre noi continuavamo a produrre vini per la distillazione, altri conquistavano mercati, vincevano premi e lavoravano per migliorare la qualità e l’immagine dei loro vini. A “colomba Bianca” siamo riusciti a far passare il messaggio fra i nostri soci che alla fine della storia è sempre stato un grande prodotto, e probabilmente sarà sempre, l’elemento fondamentale del marketing. Un prodotto che sia desiderabile e che migliora in qualche modo la qualità della vita del cliente. Per questo abbiamo operato pensando al mercato, facendo selezione, classificando le uve in base al loro reale potenziale, pagandole non solamente in base al grado, ma tenendo conto di altri importanti parametri e dimostrando con i numeri che, seguendo certe regole agronomiche, si possono ottenere vini per i quali esiste un mercato che può dare reddito».

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In questa Sicilia, dove è difficile fare impresa ma dove la terra è ancora generosa, come si può riuscire ad andare avanti?

«Non esistono ricette, né pozioni magiche che possano risolvere i problemi della nostra terra. Se vogliamo cambiare le cose, dobbiamo cambiare il nostro modo di operare. Esiste una definizione di pazzia che recita così: “fare e rifare la stesse cose con la convinzione di ottenere risultati diversi”. Se vogliamo cambiare la nostra situazione dobbiamo cambiare il nostro modo di operare, con una mente aperta, capace di cogliere le opportunità che ogni situazione di crisi nasconde. occorre creare dei percorsi da far visitare a tutti coloro che vengono in Sicilia. Questa terra, “nonostante i nostri sforzi per rovinarla”, conserva un fascino che pochi altri posti al mondo possono vantare».

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Lei crede in un futuro più roseo?

«Guardando attentamente la condizione di ciascuno di noi, notiamo facilmente che le colpe dello stato attuale delle cose è frutto delle nostre responsabilità. La consapevolezza di ciò potrà darci la forza per cambiare, assumendo decisioni adeguate per un futuro. Dobbiamo lavorare affinché il mondo del vino si allinei su alcuni principi fondamentali validi ovunque. darsi una missione ben formulata fa sapere a tutti cos’hanno da guadagnare. Occorre unirsi attorno a un progetto, impegnandosi a fare una sorta di brainstorming e proponendo idee nuove con apertura mentale e ascolto degli altri. Per favore convochiamo una sorte di stati generali del vino siciliano in cui determinare gli obiettivi dei prossimi vent’anni. E’ importante ricercare le cose che ci uniscono, fare sistema e andare nel mondo per far sognare la gente con vini che non siano una semplice bevanda, ma un nettare che crea emozioni e che regali momenti di felicità».

Max Firreri per Condividere

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Un commento

  1. Sono d’accordo con il Presidente Taschetta sul quale dice che la Sicilia dovrebbe diventare un isola biologica,uno perche ce lo possiamo permettere,e poi far capire al consumatore finale,cosa significa bere un bicchiere di vino Siciliano,rispetto ai vini del nord Italia,dove per produrre uve sane devono fare moltissimi trattamenti,sulla quale non va a discapito della qualità,ma della genuinità del prodotto stesso.

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