Che valore ha quella corona d’alloro avvolta dal tricolore lanciata nel mare davanti la chiesetta di San Vito? Nel giorno in cui si è festeggiato il Santo Patrono a Mazara del Vallo, il ricordo dei caduti nel mare è passato da qui, dall’omaggio silenzioso del Vescovo e delle autorità civili e militari a chi in questo mare nostrum ci ha lasciato la vita. Marinai mazaresi, immigrati senza nome, persone comuni che nel mare d’estate affollato e tempestoso d’inverno si sono spenti per fatali destini. Eppure questo mare Mediterraneo è stato – ed è – fonte di sostentamento per decine e decine di famiglie mazaresi. Ma anche di forte preoccupazione: «In questo contesto il nostro animo si vela di tristezza – ha detto il Vescovo nel suo discorso alla città a bordo del peschereccio “Afrodite” – ed è appesantito da preoccupazione e disagio. Infatti, da qualche giorno il peschereccio Pindaro della nostra marineria è sotto sequestro a Sfax in Tunisia e assistiamo al ripetersi di un copione ormai tristemente noto fatto di attesa, trepidazione, trattative lunghe e delicate per riportare in città equipaggio e barca. A qualcuno è sorta spontanea la considerazione: ma come, noi ci adoperiamo per soccorrere i migranti – e i nostri marittimi sono in questo un esempio magnifico – e dall’altra sponda del Mediterraneo vanno a caccia dei nostri pescherecci? La domanda non è oziosa, ma la risposta non può essere sbrigativa e banale. Purtroppo il bene non è così contagioso e trainante come ci si auspicherebbe. Tuttavia, non possiamo disattendere la parola di Dio che ci indica una via impegnativa, ma senza alternative: “Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene” (Rm 12,21)».
Il mare che fa gioire i vacanzieri nelle assolate giornate d’estate ma che preoccupa e tiene in ansia intere famiglie sul quale una volta all’anno viene portato il simulacro di San Vito in un clima festaiolo. «Questo mare che accolse San Vito come esule per sfuggire alla persecuzione ha assunto fin da quel lontano quarto secolo la sua connotazione di mare della speranza e Dio voglia che continui a mantenere nel nostro tempo e per nostra scelta convinta tale suo magnifico tratto identitario, ha detto ancora il Vescovo. Anche la recente visita di Papa Francesco a Lampedusa è stata un messaggio forte per tutte le coscienze e per noi in particolare, confermando la vocazione della nostra terra a essere ponte di incontro tra le genti che vivono su queste sponde e spingendoci a prestare sempre ascolto alla voce di chi ci chiede aiuto. In questo ci sono maestri i nostri marittimi, chiamati a giusto titolo “angeli del mare”».
Luci e riflettori internazionali su questo mare delle tragedie e delle speranze si sono accesi spesso per fatti di cronaca. Ma le pagine delle storie a lieto fine e il volto di un mare generoso se ne contano abbastanza. Ancora il Vescovo alla città: «Proprio a Lampedusa il Papa, ricordando gli immigrati morti in mare, disse, tra le altre, queste parole accorate: “Dov’è il tuo fratello?, la voce del suo sangue grida fino a me, dice Dio questa non è una domanda rivolta ad altri, è una domanda rivolta a me, a te, a ciascuno di noi. Quei nostri fratelli e sorelle cercavano di uscire da situazioni difficili per trovare un po’ di serenità e di pace; cercavano un posto migliore per sé e per le loro famiglie, ma hanno trovato la morte. Quante volte coloro che cercano questo non trovano comprensione, non trovano accoglienza, non trovano solidarietà! E le loro voci salgono fino a Dio!”».
Il volto del giovane San Vito dà speranza e gioia: «San Vito, che sperimentò in questo nostro mare la condizione di esule, interceda presso Dio perché queste acque affratellino i popoli nell’accoglienza e nella solidarietà e invochi sulla nostra città le più abbondanti benedizioni divine» ha detto il Vescovo.
(Le foto di questo servizio sono di Max Firreri)