«Leonardo, sappi che in questa terra della cava vi è un tesoro, nascosto da più secoli, ed è il mio simulacro! Affrettati a ritrovarlo…». Era il 1514 e inizia così la storia di Maria Santissima della Cava. In quell’anno, infatti, la Madre di Dio si manifesta a padre Leonardo Savina, impartendogli un preciso diktat: cercami, trovami ed ergi un tempio in mio onore. Ed è quanto fece il padre agostiniano che, dopo avere subito per quattro anni dileggi e insulti da parte dei dubbiosi e degli scettici, ebbe la gioia del rinvenimento del simulacro. Era il 19 gennaio del 1518. Mentre era inginocchiato e stava pregando, Padre Savina udì delle voci che esclamavano: «Cava, cava…».
Erano quelle di un muto che, assistendo al ritrovamento, aveva acquistato la parola. La statuetta era venuta alla luce nella zona di Porticella a seguito del crollo di un masso di una cava che scoprì l’ingresso di una grotta (oggi meta di pellegrinaggi) nel mezzo della quale insiste un pozzo nel quale, in una nicchia, si trovava il simulacro: una statuetta raffigurante la Madonna col Bambino, alta 18 centimetri, di straordinaria fattezza che riflette, tuttoggi, l’amore materno di Maria.
E quel simulacro da allora di vicende ne ha “subìto” tantissime. L’ultima, quella del tragico bombardamento dell’11 maggio del 1943 che distrusse la bellissima chiesa in cui il prezioso simulacro era custodito. Ci vollero allora 8 giorni di accurate ricerche fra le macerie del tempio per recuperare la statua, rimasta gravemente danneggiata.
Mancavano, infatti, le teste della Madonna e del Bambino e la mano destra della Vergine Madre. Successivamente la testolina di Maria venne ritrovata e incollata mentre quella di Gesù e la mano mancante furono rifatte da un bravo marmista marsalese di quel tempo. Il resto è storia dei nostri giorni. Si deve all’impegno di Padre Vincenzo Angileri se oggi a Marsala esiste il culto della “Madonna della Cava”. Fu proprio lui a conservare per anni gelosamente il simulacro nella Chiesa di San Giuseppe e far costruire un nuovo Santuario, poi affidato nel tempo ai rettori Don Vincenzo Greco (prima) e Don Giacomo Putaggio (poi).
Nino Guercio per Condividere