«Spesso mi chiedo perché non sono morto e non so darmi una spiegazione, quell’attentato non è stato fatto solo nei confronti miei ma di tante altre persone che si trovavano a mare, visto che il commando non ha avuto pietà a sparare mentre mi trovavo in acqua. Il destino ha voluto che rimanessi vivo e la vita, dopo il ’92, ha regalato a me e mia moglie un terzo figlio, Francesco». Lo ha detto Rino Germanà, ex Questore in pensione, ieri alla manifestazione di scopertura di una lapide commemorativa dell’attentato che subì, il 14 settembre ’92, sul lungomare Fata Morgana di Mazara del Vallo. La targa è stata collocata nel punto esatto in cui il commando formato da Leoluca Bagarella, Giuseppe Graviano e Matteo Messina Denaro gli sparò contro ma Germanà riuscì a salvarsi perché si tuffò in mare. «Oggi ritornare qui mi fa uno strano effetto perché torno indietro con la memoria a 30 anni fa, quando facevo il poliziotto in questa città e sono scampato alla morte. Colgo il desiderio di umanità che è presente tra i mazaresi e che oggi me lo testimoniano con affetto».
Alla cerimonia sono stati presenti il questore di Trapani Salvatore La Rosa, il sindaco Salvatore Quinci, il Vescovo monsignor Domenico Mogavero. «Oggi siamo qui per ribadire l’impegno quotidiano contro il malaffare che è il modo migliore per commemorare questa giornata – ha detto il sindaco Quinci – lei, dottor Germanà, rappresenta quello che ognuno di noi vorrebbe essere». Tra il pubblico c’era anche Andrea Anselmi, l’uomo che fu testimone dell’agguato a Germanà: dalla sua villetta sul lungomare Fata Morgana vide tutto e per primo soccorse l’allora Commissario di Polizia di Mazara del Vallo.