Tullio Scovazzi è professore ordinario di diritto internazionale presso l’Università Bicocca a Milano.
Professor Scovazzi, come si può risolvere la questione delle acque territoriali – acque libere nel Mediterraneo?
«Nel Mediterraneo l’alto mare è destinato a sparire. Il diritto internazionale del mare, come stabilito nella Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982, consente a ogni Stato costiero di istituire una zona economica esclusiva di 200 miglia marine dalla costa (188 miglia, oltre alle 12 miglia di mare territoriale), ove esso, tra l’altro, esercita diritti sovrani in materia di pesca. Nel Mediterraneo non c’è nessun punto situato a una distanza di più di 200 miglia marine dalla terra o dall’isola più vicina. Diversi Stati del Mediterraneo hanno da tempo istituito zone economiche esclusive o adottato leggi che consentono, tramite appositi decreti, l’istituzione di tali zone. Altri, come la Tunisia, l’Algeria, la Libia (in questo caso la questione è complicata dalla pretese di chiudere la Sirte come una baia storica), la Spagna, hanno istituito zone di pesca, entro limiti che variano a seconda delle leggi nazionali. Altri, come la Francia o la stessa Italia (nel Mar Ligure e nel Mare Tirreno), hanno creato zone di protezione ecologica. Una simile situazione di estensione della giurisdizione sul mare pregiudica gli interessi di Stati, come l’Italia, che tradizionalmente esercitano, con le navi che battono la bandiera nazionale, attività di pesca presso le coste di altri stati (principalmente, la Croazia e la Tunisia). Però la situazione, di per sé inevitabile, dovrebbe incentivare la conclusione di accordi che prendano in considerazione anche i diritti storici di pesca, come la stessa Convenzione sul diritto del mare prevede».
Sconfinamento si, sconfinamento no: quanto le normative in vigore sono attuali in merito alla questione?
«Il presupposto per poter negoziare accordi di pesca è di avere una chiara e condivisa delimitazione dei confini marittimi. Finora l’Italia ha concluso (con l’ex-Jugoslavia, la Tunisia, la Spagna, la Grecia e l’Albania) trattati che riguardano solo il fondo marino e non le acque sovrastanti. Sarebbe molto utile procedere alla conclusione di trattati di confine marittimo che riguardano anche le acque, con gli stati sopra indicati e con gli altri interessati (Francia, Algeria, Malta e Libia)».
«Il problema – continua Scovazzi – è però complicato dal fatto che, mentre il’Italia è competente per concludere accordi di confine, i trattati in materia di pesca possono essere conclusi solo dall’Unione Europea, che esercita una competenza esclusiva in materia. E’ indispensabile, a mio parere, che l’Unione Europea dia largo spazio, nel negoziare tali trattati, agli interessi degli stati membri più direttamente interessati e, in questo ambito, agli interessi delle regioni tradizionalmente attive nelle acque in questione (come la Sicilia rispetto alle acque degli stati nordafricani). Una volta che il confine marittimo sia certo, il rischio di sconfinamenti sarà ridotto. Ma, se anche avvenissero, va notato che la Convenzione sul diritto del mare vieta sanzioni privative della libertà per reati collegati alla pesca».
Max Firreri per Condividere