[PANTELLERIA] I mastri di muretto a secco non ci sono più: un corso per impararne l’arte

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Non si può pensare a Pantelleria senza immaginarla con gli splendidi terrazzamenti, la sua agricoltura eroica e i muretti a secco che disegnano uno skyline unico nel suo genere. Se la si guarda da un lato o dall’altro l’isola perla nera del Mediterraneo è segnata da centinaia di metri di muretti a secco che delimitano strade urbane, sentieri pedonali e gli appezzamenti di terreno che gli abitanti dell’isola hanno messo in produzione con vigneti, uliveti o piccoli orti. «A oggi si contano quasi 12 mila km di barriere in pietra sull’isola – spiega Carmine Vitale, geologo del Parco di Pantelleria – che necessitano di manutenzione laddove si sono danneggiati». Sapere costruire un muretto che duri è un’arte che nel tempo si è tramandata di generazione in generazione. I più anziani dell’isola raccontano che tra agricoltori vi era un mutuo soccorso nella logica dell’autosostentamento: ci si aiutava a vicenda e chi era un bravo mastro a costruire i muretti senza cemento andava da una parte all’altra dell’isola senza pretendere nulla in cambio.

Il Parco di Pantelleria, insieme a Comune, Ebat Trapani e Itla Italia Aps, ha tenuto un corso gratuito, teorico e pratico per 10 persone che si sono formati su come costruire i muri in pietra a secco. Il corso avrà la durata di 34 ore, 10 teoriche e 24 di pratica. Il docente è stato Pietro Della Monica esperto di paesaggistica. Stefano Gamba, 61 anni, isolano, che i muretti a secco li sa fare dice: «Si deve essere bravi a scegliere le pietre migliori, spaccarle e poi comporle, l’una sopra l’altra, trovando un incastro naturale affinchè si sorreggano l’una con l’altra. Oggi i giovani vanno tutti via dall’isola e nessuno impara più quest’arte che sta scomparendo». Nella nomenclatura dei mestieri, in effetti, non esiste il mastro di muretti.

«Sono stati gli stessi agricoltori a imparare come fare – spiega Battista Belvisi, 50 anni, agricoltore della contrada Buggeber – io ricordo che finivo di fare i compiti di scuola e mi mettevo a fianco a mio padre per imparare come si alzavano i muretti». Dai nonni hanno imparato i figli e poi anche i nipoti. «Non c’è un manuale per farli – dice Battista – questo corso è un segnale di speranza; sono fiducioso e mi auguro che si ritorni a essere più contadini, con più umiltà, e a farlo non solo per interessi economici». L’arte nel fare i muretti a secco dal 2018 è patrimonio immateriale dell’Unesco, riconoscimento avvenuto 4 anni dopo quello assegnato per la coltivazione della vite ad alberello.

Max Firreri

Battista Belvisi.

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