[PENTECOSTE] Memoriale della missione dello Spirito, Divino Silenzio

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«Continua oggi, nella comunità dei credenti, i prodigi che hai operato agli inizi della predicazione del Vangelo»: questa richiesta rivolta al Padre rivela il senso di questa festa; essa è il memoriale della “missione” dello Spirito quale dono insuperabile fattoci dal Risorto; essa è insieme invocazione perché Dio prolunghi nell’oggi quella “missione” e quel “dono”. Oggi ha “compimento” la grande e unica domenica di Pasqua e noi facciamo festa perché la vita stessa del Risorto ci è comunicata dallo Spirito. Come narra il libro degli Atti degli Apostoli, la mattina del giorno di Pentecoste (cinquantesimo giorno dalla Risurrezione del Signore) a Gerusalemme accade un fatto che, nella sua realtà storica e nel suo valore simbolico, rovescia l’esperienza di Babele.

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L’incomprensione reciproca delle lingue che aveva spezzato il progetto di un regno umano indiviso, che voleva costituirsi a prescindere da Dio, anzi in sfida a lui, cede ora il posto al diffondersi di parole che ciascuno sente, coglie e capisce nel proprio linguaggio: «li udiamo – esclamano stupiti – parlare nelle nostre lingue delle grandi opere di Dio». Gli attori di questo evento sono un gruppo di discepoli di Gesù di Nazaret mossi dallo Spirito, che vince ogni loro precedente paura, si fanno annunciatori della Risurrezione di Gesù, la novità capace di sconvolgere la storia umana. E li raggiungono nella loro specifica situazione umana, nella loro lingua, con un messaggio che ne cambierà la vita: «Questo Gesù Dio lo ha risuscitato, lo ha costituito Signore e Cristo»: così, a Pentecoste si manifesta la Chiesa.

Giornata splendida e terribile il “cinquantesimo giorno”: fatta di vento e di tuono e di fuoco splendente e bruciante; fatta di timore che diviene fiducia e fiorisce nell’annuncio e nel germinare silenzioso eppure possente di un nuovo popolo di Dio. Ora il farsi presente di Dio nella storia (la “continuazione dei prodigi una volta operati”) è affidato allo Spirito, al Divino Silenzio, a colui che dal Padre e dal Figlio “procede” e “prende” per annunciare e recare in dono. E i “segni” a cui egli si affida hanno la forza e la fragilità del vento, del tuono, del fuoco; la chiarezza e l’ambiguità del silenzio, della parola, della testimonianza d’un uomo o d’una comunità. Lo Spirito per attestare il Risorto si fida (si “affida”) della Chiesa, della predicazione, dei sacramenti, della testimonianza…: realtà che traggono forza dalla loro debolezza; dal loro “svuotarsi” per lasciarsi inabitare e condurre dallo Spirito.

Una Chiesa che si costituisce e si comprende proprio là dove “cede il passo”, dove “si abbandona”, dove “annulla” – per così dire – la sua operosità per esprimere il “primato” di Dio. Solo a questa condizione la Chiesa che “nasce” a Pentecoste potrà realizzare la sua natura di realtà che testimonia, di realtà missionaria, nel quotidiano servizio agli uomini e nel dono supremo della vita.

monsignor Alceste Catella
Vescovo emerito di Casale Monferrato

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