Il cous cous con il pesto di agrumi, oggi come vent’anni fa. È tempo di amarcord per lo chef palermitano Filippo La Mantia al “Cous Cous Fest” che domani si chiude a San Vito Lo Capo. La Mantia, oggi proprietario di “Oste & Cuoco” a Milano, 42 dipendenti e 200 coperti ogni domenica, a San Vito Lo Capo proprio quest’anno, in cui ricorre il ventennale del festival internazionale del cous cous, ha ripreso la ricetta con la quale esordì nella prima edizione della kermesse. «Fu un cous cous col pesto di agrumi – ricorda – alla quale quest’anno ho aggiunto zenzero e lime». Roba da leccarsi i baffi che ha fatto registrare il sold out di tutti i cooking show condotti da La Mantia.
La semola è stato il piatto che gli ha risolto milioni di problemi, confessa La Mantia, pronto a stravolgere la “sacralità” dell’arancina, sostituendo il riso con la semola e mettendo dentro i sapori della sua Sicilia. C’è da credersi che le arancine di semola hanno conquistato il palato anche dei milanesi: «E chi lo doveva dire che io potessi vendere il cous cous ai nordici». Scommessa vinta: «A pranzo nel mio locale ogni giorno ci sono almeno quattro tipi di semola per tutti i gusti, da quello senza glutine a quello integrale, a quello di farro. Sicilia in prima fila, prima di tutto.
«L’ultima battuta di quel giudice di Trento è stata davvero infelice – spiega La Mantia – ora mi sono rotto per davvero: che la smettano di accusarci, i problemi in Sicilia ci sono ma non ci arrendiamo nel risolverli. E poi, siamo una terra con un’identità precisa e ricca di storia anche gastronomica». Per lo chef che ha coniato lo slogan “Io frullo tutto” («Il frullatore è un oggetto indivisibile dalla mia persona») San Vito Lo Capo ha portato fortuna: «Qui ho scoperto per la prima volta il cous cous – confessa – questo rappresenta un vero e proprio rito sociale, al pari del caffè. È simbolo di ospitalità, di socialità, di gentilezza. Questa sua ritualità in verità viene da molto lontano e assume contorni quasi mistici; pare che sia abitudine delle donne del Mahgreb associare la preghiera alla preparazione del cous cous e perfino la Bibbia riporta un tratto dove si riferisce a questo alimento, con il significato di fertilità».
E la semola è finita anche nel gelato: «Otto minuti prima che termina la preparazione del gelato aggiungo la semola prima bollita con acqua e zucchero». Poi un ultimo pensiero alla sua terra: «Il cibo della Sicilia racconta la storia di questa nostra isola. Gli anziani sono i testimoni della tradizione orale da non far perdere. Bisogna ascoltare chi nel tempo ha avuto a che fare col cibo e la cucina per recuperare ricette e storia. Non dimentichiamo le nostre origini guardando al futuro».
Max Firreri