[SINODO] Rinnovare il senso vivo del nostro essere cristiani

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Dal 4 al 29 ottobre si è tenuta a Roma la prima sessione della XVI Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi. La traccia di discussione (Instrumentum laboris) per i Vescovi si costituiva dalle sintesi dei sette Documenti finali delle assemblee continentali redatte nel marzo scorso, risultato della larga fase consultiva dove milioni di persone in tutto il mondo sono state coinvolte dalle attività del Sinodo: chi partecipando agli incontri a livello locale, chi collaborando all’animazione e al coordinamento delle attività ai diversi livelli, chi mettendo a disposizione il sostegno della propria preghiera. In Medio Oriente, Europa, Asia, Africa e Madagascar, America del nord, America del sud e Caraibi e in Oceania, cristiani di riti diversi appartenenti alla Chiesa cattolica si sono messi in movimento spinti dal desiderio di aiutare a trovare la risposta all’interrogativo di fondo che guida l’intero processo sinodale: «Come si realizza oggi, a diversi livelli (da quello locale a quello universale), quel “camminare insieme” che permette alla Chiesa di annunciare il Vangelo, conformemente alla missione che le è stata affidata? E quali passi lo Spirito ci invita a compiere per crescere come Chiesa sinodale?».

La loro esperienza si è tradotta in parola, nei contributi che le diverse comunità e gruppi hanno inviato alle diocesi, che le hanno sintetizzate e trasmesse alle Conferenze Episcopali che a loro volta hanno redatto una sintesi inviata poi alla Segreteria generale del Sinodo. Per l’Europa l’assemblea continentale si è svolta a Praga dal 5 al 12 febbraio 2023, e in quella sede sono state approfondite le intuizioni che le comunità ecclesiali del nostro continente hanno maturato grazie al processo sinodale, così come le tensioni e gli interrogativi che le Chiese europee si trovano di fronte. Soprattutto è stato avvertito il dolore delle ferite che ne hanno segnato la storia recente, dagli abusi nei confronti dei minori alla guerra in Ucraina. Ciò non ha impedito di guardare la Chiesa che è in Europa con tutti i tesori delle due grandi tradizioni latina e orientale che la compongono, e considerare quali potenzialità devono ancora essere sviluppate per l’annuncio del Vangelo all’attuale cultura secolarizzata.

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Lo stile sinodale è stato considerato, oltre che una metodologia, la necessità di uno stile di vita, di discernimento comunitario e di discernimento dei segni dei tempi. Proprio lo stile sinodale consente di affrontare le tensioni in una prospettiva missionaria, senza rimanere paralizzati dalla paura, ma trovando energia per proseguire lungo il cammino. È necessario, dunque, approfondire teologia ed ermeneutica della sinodalità, per riscoprire qualcosa che è antico e appartiene alla natura della Chiesa e a un tempo è sempre nuovo. Bisogna riscoprire il significato di una Chiesa tutta ministeriale, come orizzonte in cui inserire la riflessione su carismi e ministeri (ordinati e non ordinati) e sulle relazioni tra di essi; esplorare forme per un esercizio sinodale dell’autorità come servizio di accompagnamento della comunità e di custodia dell’unità; chiarire i criteri di discernimento per il processo sinodale e a che livello, da quello locale a quello universale, vanno prese le decisioni.

L’ascolto di questi due anni ha invitato anche a prendere concrete e coraggiose decisioni sul ruolo delle donne all’interno della Chiesa e su un loro maggiore coinvolgimento a tutti i livelli, anche nei processi decisionali e nei ruoli di ministero ordinato; per questo sarà necessario curare la formazione alla sinodalità di tutto il Popolo di Dio, con particolare riguardo al discernimento dei segni dei tempi in vista dello svolgimento della comune missione, e ricomporre le tensioni intorno alla liturgia, in modo da vivere sinodalmente l’Eucaristia come fonte e culmine della comunione. Adesso siamo ancora chiamati al discernimento per rinnovare il senso vivo del nostro essere cristiani, superando la frattura tra fede e cultura, per tornare a portare il Vangelo nel sentire della gente, trovando un linguaggio capace di articolare tradizione e aggiornamento, ma soprattutto camminando insieme alle persone invece di parlare di loro o a loro.

Lo Spirito ci chiede ancora di ascoltare il grido dei poveri della terra nella nostra Europa, e in particolare il grido disperato delle vittime della guerra che chiedono una pace giusta. Quest’ultimo conflitto nella terra del Signore non può lasciarci indifferenti ed esige che come discepoli del “Principe della pace” ci adoperiamo fattivamente all’opera della pace, diffondendola nella cultura in cui siamo immersi a partire da quella che non senza fatica viviamo nelle nostre comunità. La pace non è un elemento confessionale, ma è il dono nel saluto del Risorto che fonda la cattolicità della Chiesa, e per essa si deve diffondere in tutto il mondo. 

don Leo Di Simone per Condividere

(Foto Vatican Media/SIR)
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