Non ha più lacrime da versare Rosetta Ingargiola, ma trova la forza per ripetere continuamente: «Voglio riabbracciare mio figlio». Rosetta è una delle tante mamme che da più di 60 giorni aspettano a casa i propri figli sequestrati in Libia. Anzi, Rosetta è la più anziana tra le mamme: 74 anni e una vita vissuta, indirettamente, col mare. Il marito era pescatore («negli ultimi mesi della sua vita andava per mare con le bombole di ossigeno»), il figlio Gaspare, anche lui, scelse il mestiere duro del marinaio.

Capitano, come il fratello Pietro Marrone oggi sequestrato in Libia. Mamma Rosetta in quel febbraio del ’96 lo salutò per l’imbarco, sapendo che dopo qualche settimana lo avrebbe potuto riabbracciare; e, invece, non l’ha mai più rivisto. Il peschereccio “Nuovo Ngiolo”, che Gaspare comandava, si inabissò nel mare in tempesta, portando con sè i corpi dei marinai. «Solo dopo qualche mese il peschereccio fu recuperato – racconta Rosetta Ingargiola – furono trovati alcuni resti e, con l’analisi del dna, abbiamo potuto accertare che quelle ossa erano di mio figlio».
Le spoglie di Gaspare si trovano al cimitero di Mazara del Vallo dove Rosetta porta i fiori e si ferma in preghiera. Il mare per la famiglia di mamma Rosetta è stato sempre campo di lavoro e fonte di sostentamento. «Già mio padre era pescatore, poi mio marito e i miei figli hanno scelto di imbarcarsi sui motopescherecci», racconta Rosetta. «Dal mare ho ricevuto più dolori che gioie», dice tenendo in mano il cellulare dove è aperta la foto del figlio Pietro. Lui è uno dei 18 pescatori che dal 1° settembre si trovano nelle mani delle milizie di Haftar, sequestrati mentre si trovavano sui loro pescherecci nel mare Mediterraneo.
IL VIDEO
Pietro, 45 anni, è comandante del “Medinea” e, dopo i lutti del padre e del fratello, ha scelto di vivere insieme alla madre. Un amore intimo, vissuto tra il mare e la loro casa nel villaggio pescatori di Mazara del Vallo. Rosetta se lo ricorda bene quel 26 agosto di quest’anno: «L’ho abbracciato forte sempre con le preoccupazioni di una madre che vede andare per mare un figlio, ma lui mi ha rassicurato: “mamma ci vediamo presto”». Da quel giorno iniziano le telefonate quotidiane di routine. Sino al 1° settembre: «È stato l’armatore a chiamare mia figlia e a darci la notizia che nessuno avrebbe mai voluto sentire». Da quel momento è iniziato un lungo periodo d’angoscia, ansia, preoccupazione e attesa. Le lunghe giornate trascorse senza sentire il figlio al telefono; 40 giorni vissuti a Roma davanti Montecitorio con gli appelli accorati ai politici; la solidarietà della gente comune. «In questo lungo periodo ho sentito mio figlio soltanto due volte», racconta Rosetta.
Poco, troppo poco per una mamma la cui vita è stata ancora stravolta: «La notte dormo poco, il mio pensiero va sempre al mio Pietro e a tutti gli altri pescatori che per lavoro sono finiti in carcere». Il pranzo, la cena, tutto era scandito dal vivere insieme col figlio. Oggi la casa è vuota: «Io non so se riuscirò a superare questo difficile momento – racconta Rosetta – quello che chiedo a chi ha l’autorità di intervenire è di fare presto. La mia speranza è quella che prima di Natale i nostri uomini possano tornare a casa e che io riesca ad abbracciare nuovamente mio figlio».
Max Firreri