Alessandra Turrisi – “Paolo Borsellino. L’uomo giusto”

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Alessandra Turrisi
Paolo Borsellino. L’uomo giusto
2017 | edizione San Paolo | pp. 122 | 15 euro

La mafia è cosa complicata. Endemica e omertosa, radicata e violenta. La mafia è Cosa Nostra. Ma è anche la storia di chi la mafia l’ha voluta stanare e combattere, nelle piccole realtà di provincia come nei traffici internazionali di droga, armi e di immensi capitali. La storia di uomini giusti come fu Paolo Borsellino. Il giudice Borsellino, ucciso nella strage di via D’Amelio il 19 luglio 1992, assieme a cinque agenti di scorta, Emanuela Loi, Claudio Traina, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Agostino Catalano, era una persona dal tratto umano profondissimo, padre e marito affettuoso e autorevole, amico onesto e sincero, ironico e protettivo, uomo di fede, magistrato rigoroso, instancabile, ma contemporaneamente attento alla persona che aveva davanti, fosse anche un criminale incallito.

Tutte queste caratteristiche emergono dalle pagine di “Paolo Borsellino. L’uomo giusto”, Edizioni San Paolo 2017, scritto dalla giornalista Alessandra Turrisi, che ha dato voce a un coro di testimonianze in gran parte inedite, prediligendo coloro che, pur restando nel nascondimento in questi 25 anni, anzi forse proprio per questo, hanno custodito il loro ricordo personale come un tesoro prezioso da rivelare solo oggi. A tracciare questo ritratto del Borsellino uomo a tuttotondo sono coloro che condividevano con lui la fatica del lavoro (magistrati) e l’ansia per una vita vissuta nel pericolo costante (giovani della scorta), amici di vecchia data e compagni di divertimenti, sacerdoti che entrarono in contatto con la sua forte personalità e seppero vedere anche l’angoscia degli ultimi momenti, dopo la strage di Capaci.

Ma c’è anche spazio per il barbiere dove il giudice si recava ogni 15 giorni per quei pochi momenti di relax e dove ricevette la telefonata che gli annunciava l’attentato a Capaci al suo amico e collega Giovanni Falcone; per una testimone di giustizia che fu accompagnata in questa scelta da Borsellino; per un suo stretto collaboratore che ha deciso di far rivivere il bunker all’interno del Palazzo di giustizia dove il pool antimafia della procura di Palermo lavorava giorno e notte; per il cardiologo dal quale il giudice doveva accompagnare la madre proprio in quel torrido pomeriggio del 19 luglio 1992. Un testo che ci riconsegna un uomo eroico e fragile, ma sempre giusto.

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