[ALLARME BULLISMO/1] La riflessione di un dirigente scolastico: la necessità del dire “no”

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Dove vanno i giovani, cosa chiedono agli adulti e gli adulti cosa danno loro? Sono domande che vanno poste e che necessitano di risposta. Bullismo e cyberbullismo sono diventati piaga sociale e stanno assumendo connotazioni estreme, come i recenti fatti di Lucca e Velletri testimoniano in questi giorni. Si tratta di un’escalation di atteggiamenti che vedono la violenza, il sopruso, la derisione quale modus di rapportarsi all’altro. Il fenomeno è all’attenzione di studiosi e specialisti, di sociologi ed educatori. Non mancano le analisi. Da più parti si legge che i giovani sono senza regole e senza limiti, che incontrano difficoltà nelle relazioni, che l’utilizzo delle tecnologie è inflazionato e assorbe, morbosamente, il loro tempo. La crisi della famiglia, la crisi della società, la crisi dei valori fanno da sfondo a questo scenario. Quale il ruolo della scuola in questo mutato contesto? La scuola vive enormi difficoltà a mantenere alto il nome di “tempio” dell’educazione e della formazione, come la società l’ha da sempre considerata.

Vania Stallone.

I docenti incontrano seri ostacoli nella gestione dei conflitti. Spesso viene meno la collaborazione della famiglia, che ha demandato totalmente alla scuola l’educazione del proprio figlio e che è sempre pronta ad additare la scuola quale prima responsabile di ogni fatto e di ogni atto negativo.  Occorre, con estrema urgenza, una presa di consapevolezza dei ruoli. È necessario che i genitori si riapproprino della responsabilità genitoriale, che comincia con l’impartire il significato della parola rispetto: rispetto dell’altro, rispetto delle regole. Anche la scuola, da parte sua, deve rivedere se stessa, i propri metodi educativi, le proprie strategie formative per un processo di svecchiamento/miglioramento continuo, che passi, necessariamente, attraverso la formazione dei docenti, inadeguati, spesso, a gestire la classe e i conflitti.

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L’autoreferenzialità dell’una, la famiglia, e dell’altra, la scuola, ha minato la crescita sana delle giovani generazioni, le ha reso fragili, dissolvendole in una sorta di “liquidità”, quella stessa che Bauman attribuiva alla società post-moderna.  In questa “liquidità”, senza più punti di riferimento, i giovani hanno compreso che tutto è consentito, che virtuale e reale possono coincidere, che le regole sono opzionali e la violenza può essere stile di vita. Il ripristino dell’autorevolezza e della capacità di dire no da parte della famiglia e della scuola, in un mondo ossessionato dal consenso è la strada da percorrere, tenendo ben presente che «un no, come una regola, richiede coerenza, componente essenziale dell’autorevolezza» (Paolo Crepet).

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Dirigente scolastico

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