Il tempo della Quaresima ci riporta con Gesù nel deserto per combattere l’inesausta lotta contro le passioni distruttrici, contro i pensieri vani che l’istigazione dei demòni insinuano e le pieghe della carne debole suggeriscono. Come accadde all’origine, l’inganno dell’Avversario mira sempre a separarci dal Creatore. Così la vera risposta, come insegna Gesù nella sua lotta vittoriosa con l’Accusatore, è nella fiducia piena nella parola di Dio, anche oltre l’istinto e l’evidenza. Come giustamente ci ha ricordato il filosofo S. Kierkegaard, “il contrario del peccato non è la virtù, è la fede”. La virtù, intesa in se stessa, è riferimento a sé, può essere madre della superbia e della vanagloria in cui si esprime l’amore di sé, che è la sintesi di ogni peccato.
La fede invece è uscire da sé per trovare consistenza in un altro. Nella relazione di piena ed amorosa fiducia a Dio la voce dell’Accusatore perde ogni forza e suggestione. Il frutto proibito si presenta alla vista accecata dalle passioni e sedotta dall’inganno della parola corrotta, perché non più custode della verità delle cose, come “buono da mangiare, gradevole agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza” (Gn 3,6). La fede come relazione a Dio sazia la fame con la bontà dell’Amato sommamente Amante, apre gli occhi spirituali a godere la sua indicibile bellezza ed offre la vera saggezza come consapevolezza autentica di sé e del mondo. Pertanto nella fede si vivono gli atteggiamenti tipici della Quaresima: il digiuno come nutrimento cercato solo nella dolcezza di Dio; la preghiera come affidamento contemplante alla bellezza sublime dell’Amato; l’elemosina come relazione di giusta misericordia verso gli uomini ed il mondo, unica relazione sapiente, cioè secondo la verità profonda dell’essere nel mondo, come stabiliti in una vivente comunione con il tutto, nella dedizione della cura.
don Marco Renda per Condividere