Il tempo di Avvento ha una doppia caratteristica: è tempo di preparazione alla solennità del Natale, in cui si commemora la prima venuta del Figlio di Dio fra gli uomini, e contemporaneamente è il tempo in cui, attraverso tale ricordo, lo spirito viene guidato all’attesa della seconda venuta di Cristo alla fine dei tempi. Anche se il primo aspetto prevale nei giorni che precedono immediatamente il Natale (ferie 17-24 dicembre), mentre il secondo è più evidente nelle prime due settimane, tuttavia i due aspetti sono strettamente correlati e compresenti: infatti, l’incarnazione è l’inizio della nostra redenzione e garantisce il suo compimento nel ritorno glorioso di Cristo.
Questa correlazione giustifica il tono non penitenziale, ma di devota e gioiosa attesa che attraversa il tempo di Avvento. Ne è segno la permanenza del canto dell’alleluia, il suono dell’organo, anche a solo, e l’uso dei fiori per ornare l’altare. Invece, il Gloria viene omesso affinché possa risuonare la notte di Natale, così come ascoltiamo nella pericope evangelica lucana che ci viene proposta dalla Liturgia. L’istituzione del tempo di Avvento risponde al bisogno di una preparazione ascetica e liturgica alle feste di Natale, ma intende anche orientare il cuore dei cristiani all’incontro definitivo col Signore, dopo averlo incontrato spiritualmente nel ricordo della sua vita terrena e sacramentalmente nelle celebrazioni liturgiche.
L’acclamazione aramaica Maranathà, usata dalle prime comunità cristiane nelle loro riunioni liturgiche (cfr 1Cor 16,22; Ap 22,20), è una formula volutamente ambivalente, che racchiude il duplice significato del memoriale. Infatti, se la si scrive maran-athà (perfetto), vuol dire: il Signore è venuto e viene tutt’ora. Se la si scrive Marana-thà (imperativo), significa Signore nostro, vieni! Maranathà è un’azione di grazie per un evento salvifico passato che estende la sua efficacia nel presente, ma è anche supplica ardente perché il Signore disveli la sua presenza nell’oggi della storia e si mostri glorioso nel suo ritorno escatologico.
La spiritualità espressa dai testi eucologici si presenta come una ricca e autorevole proposta di atteggiamenti evangelici propri del discepolo, di colui che si prepara a rinnovare nella fede l’incontro con Gesù Cristo. Gli atteggiamenti caratteristici sono l’attesa e la vigilanza, il desiderio, la speranza, la gioia.
don Nicola Altaserse
Direttore Ufficio liturgico diocesano