Guardando alle statistiche degli ultimi anni, da cui apprendiamo che (solo in Italia) poco meno di un quarto delle salme sono state cremate, la Chiesa si è sentita interpellata nel dare chiare indicazioni liturgiche e pastorali sulla cremazione e la conservazione delle ceneri. Due sono le istruzioni sul tema: Piam et constatem del 5 luglio 1963 della Suprema Congregazione del Sant’Uffizio e Ad resurgendum cum Christo (circa sepoltura dei defunti e conservazione delle ceneri in caso di cremazione) del 15 agosto 2016 della Congregazione per la Dottrina della fede.
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Già nella prima si afferma che la cremazione «non è “di per sé contraria alla religione cristiana” e che non siano più negati i sacramenti e le esequie a coloro che abbiano chiesto di farsi cremare, a condizione che tale scelta non sia voluta “come negazione dei dogmi cristiani, o con animo settario, o per odio contro la religione cattolica e la Chiesa”». Nonostante tale possibilità, la chiesa invita a mantenere la consuetudine di seppellire i cadaveri dei fedeli per combattere le ideologie che confondono i nostri tempi. Con la sepoltura dei corpi si conferma la fede nella risurrezione della carne, si sottolinea l’alta dignità del corpo umano, parte integrante della persona (è “grazie al corpo” e non “nonostante il corpo” che guadagniamo il Paradiso), si combatte l’idea platonica che il corpo sia la prigione dell’anima e si sottolinea che la morte è un passaggio verso la vita eterna e non una tappa nel processo della reincarnazione.
Da sempre i cimiteri sono considerati come luoghi della memoria, della preghiera e della riflessione che, se da un lato manifestano rispetto e pietà verso i defunti, dall’altro lato ricordano la verità della Resurrezione. Nei primi secoli i cristiani si riunivano proprio nelle catacombe-cimiteri per pregare “nell’attesa della Sua venuta”. E da quei luoghi iniziò la diffusione e il culto per le reliquie che ancora oggi rammentano la presenza di chi, nel cammino verso la Patria, già gode della visione beatifica. Non è un caso, infatti, che la sepoltura dei morti rientri tra le opere di misericordia corporale.
La cremazione è ammessa dalla Chiesa – sempre dopo le esequie – attenendosi ad alcune precise disposizioni: 1. evitare ogni forma di scandalo o di indifferentismo religioso; 2. le ceneri siano conservate in un luogo sacro (cimitero, chiesa o altro luogo approvato dall’autorità ecclesiastica); 3. le ceneri non siano conservate nella propria abitazione e, soprattutto, mai si dividano fra i propri cari. La conservazione delle ceneri in luoghi non a ciò predisposti non solo limiterebbe la preghiera ma favorirebbe la perdita della memoria e del rispetto dovuto. È da notare, comunque, che il vescovo può autorizzare un funerale dopo la cremazione (quindi con urna cineraria) quando non è stato possibile celebrare prima le esequie (come nel caso di morte all’estero e rimpatrio dell’urna): in tali casi, la liturgia richiede opportuni adattamenti.
I pastori evitino ogni atteggiamento (liturgico e pastorale) che possa, in qualche modo, generare equivoci di natura panteista (Dio è tutte le cose), naturalista (la natura è il criterio per spiegare tutte le cose negando ogni riferimento soprannaturale, o nichilista (nessuna cosa ha valore). Per tale ragione non è mai permessa la dispersione (nell’aria, in terra, in mare), come pure è vietata la diffusa moda di trasformare le ceneri dei propri cari in “ricordi commemorativi” (come pezzi di gioielleria o in altri oggetti). In questi ultimi casi non si possono addurre motivazioni di carattere igienico, sociale o economico. a tutti sia chiaro che si devono negare le esequie a un battezzato che ha notoriamente chiesto la cremazione e la dispersione delle proprie ceneri per ragioni contrarie alla fede cristiana.
padre Enzo Vitale, icms per Condividere