«Il vento rinnovatore di Pentecoste non soffiava certo a raffiche». Dopo rapida lettura dei volumi dell’Analyticus conspectus il pungente sarcasmo del cardinal Suenens così rimarcava l’incapacità di gran parte dei futuri padri conciliari a cogliere l’originalità dell’intuizione pontificia, limitandosi a suggerire riforme di corto respiro. Tuttavia, l’enorme mole di risposte ricevute, per quanto gli ambienti curiali tentassero di arginare l’aggiornamento auspicato dal Papa, imponeva al Concilio di allargare il campo di cui avrebbe dovuto occuparsi, al punto che nessuna materia era per principio esclusa. Col motu proprio Superno Dei nutu del 5 giugno 1960, solennità di Pentecoste, il Papa tracciava le linee del complesso apparato organizzativo, del Concilio, istituendo dieci commissioni preparatorie e due segretariati incaricati di occuparsi rispettivamente dei mezzi di comunicazione e dei rapporti con i cristiani separati. Il fatto che tutti i posti chiave fossero, però, occupati da membri della Curia frustrava l’aspettativa di un ridimensionamento del centralismo romano.
Eclatante appariva anche l’assenza di laici e di donne. Unica consolazione l’istituzione di un segretariato amministrativo composto da 11 membri, di cui 7 laici, incaricato degli aspetti materiali del Concilio (finanziamento, allestimento e funzionamento dell’aula conciliare). I lavori, iniziati ufficialmente il 14 novembre 1960 con il coordinamento e la supervisione di una commissione centrale presieduta dal Papa, coinvolsero in tutto 846 persone. Complessivamente le dieci commissioni e i due segretariati prepararono 75 schemi, molti dei quali orientati a garantire il centralismo romano e a riepilogare gli insegnamenti dottrinali e disciplinari degli ultimi pontefici, specie di Pio XII. La commissione centrale avviò l’esame degli schemi per suggerirne correzioni ed evitare ripetizioni, apportando importanti miglioramenti in molti di essi, tranne che in quelli della commissione teologica, a seguito della resistenza del cardinal Ottaviani. La preparazione del Concilio fu così accurata che molti, Papa compreso, ritenevano che l’assemblea non avrebbe dovuto fare altro che ratificare il lavoro compiuto.
don Vito Saladino per Condividere