Percepiamo sempre più forte la consapevolezza di vivere in un tempo diverso. Ci è stato detto che questo tempo di distanziamento è un kairòs, un tempo qualitativamente diverso in cui qualcosa di speciale accade, in cui qualcosa ci è rivelato: un’occasione approntata dallo Spirito. Ci è stato detto che nulla sarà come prima e ci accorgiamo, leggendo la storia, che non è detto che tutto sia sempre stato così, né che tutto sia destinato a restare allo stesso modo. Il mondo ha bisogno di un rinnovamento nello Spirito e noi di rinnovare il nostro modo di essere cristiani, per essere sale e lievito senza pretese di trionfi umani, troppo umani.
Questo kairòs ci ha costretti a rivedere le forme del nostro culto, nell’ordine di un distanziamento che s’è fatto desiderio di vicinanza, sogno di una comunione che si teme perduta. Ma è lo Spirito che viene in soccorso alla nostra debolezza e il ritorno alla sobria essenzialità simbolica del rito della Cena eucaristica di Gesù dobbiamo considerarlo un atto di grazia. La grazia di riconsiderare la sua “reale presenza” nell’assemblea radunata e nella sua Parola proclamata: presenza identica, come ci ha insegnato il santo papa Paolo VI, a quella soggiacente alle specie eucaristiche. E questo ci aiuta a riconsiderare il Corpus Domini e percepirlo nella sua dimensione smisuratamente più ampia, totale, che ci coinvolge e ci trasforma facendoci suoi consanguinei.
Per dodici secoli la Chiesa non conobbe una festa del Corpus Domini. Essa fu istituita nel 1264, in un’epoca triste, tra due scismi, d’Oriente e d’Occidente. E il culto fastoso del SS. Sacramento crebbe a ridosso dell’altra grande ferita al Corpo di Cristo, a seguito della riforma protestante e della separazione anglicana. Il Corpus Domini fatto a pezzi! Noi abbiamo sorvolato su questa frantumazione, abbiamo pensato non ci riguardasse e ci siamo “distanziati” da quel corpo, pensando fosse impossibile si trattasse del nostro. Col passare del tempo abbiamo complicato la comprensione della sua verità, abbiamo fatto dell’Eucaristia un sacramento lontano, da guardare, da adorare col gesto delle dita portate alla bocca per un bacio a distanza e l’abbiamo rinchiusa negli ostensori delle nostre teologie, oggetto da specialisti delle distinzioni e delle speculazioni cui il Signore non aveva mai pensato.
Ora è tempo di afferrare al volo il kairòs, lo Spirito che ci spinge all’unità in maniera pressante, servendosi di questo tempo di distanziamento per suscitare l’anelito alla vicinanza, alla comunione. Il Corpus Domini è ancora diviso e questo kairòs che si presenta è l’occasione approntata dallo Spirito perché niente sia come prima. Non possiamo isolarci nell’adorazione voltando le spalle alla comunione, al comune cammino dei cristiani nel mondo. Il senso di questo Pane è quello di creare un solo Corpo, e non solo fra noi: un solo Corpo che dev’essere l’umanità tutta. Il senso di questo Pane è il kairòs dell’utopia in cui crediamo: che l’umanità deve essere un solo Corpo, perché questo è il disegno di Dio, il suo Regno che si compie nel Corpo intatto del Risorto. E lo Spirito non si darà requie fino a quando Cristo non sarà tutto in tutti.
don Leo Di Simone per Condividere