[FERRAGOSTO] La pandemia occasione di ritorno all’essenzialità della fede

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La festa del 15 agosto, Assunzione della Beata Vergine Maria al cielo, oggi, con la privazione degli elementi folcloristici che fin prima della pandemia l’avevano segnata, ci stimola a riscoprire il senso teologico, liturgico e spirituale che rischia di andare perduto. Il dogma, promulgato da Papa Pio XII nel 1950 con la Bolla Munificentissimus Deus, afferma che la Madre di Gesù, terminato il periodo della sua vita terrena, fu elevata in corpo e anima alla gloria celeste. Non si definisce se la Vergine sia morta o no, come gli altri mortali. La morte della Tuttasanta non è un dogma, ma per la maggior parte dei teologi è dottrina certa, tradizionalmente insegnata e celebrata.

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La Vergine morì per configurarsi a Gesù, che volle sottomettersi alla morte, pur essendo senza peccato. Ma è dogma che il corpo della Vergine Immacolata non fu soggetto alla corruzione del sepolcro, ritenuta una conseguenza del peccato originale, da cui Maria fu esente fin dal suo concepimento. La festa, ereditata dall’Oriente cristiano con l’epiteto di “dormizione” e attestata a Gerusalemme a partire dal IV secolo, prende in considerazione il ricordo del transito di Maria dalla vita terrena a quella celeste. La scelta della data è significativa poiché si colloca nell’ultimo mese dell’anno (secondo il calendario della chiesa bizantina) e va a sostituire la festa pagana delle “Ferie di Augusto” con cui si voleva festeggiare in maniera solenne la fine del lavoro nei campi attraverso il raccolto finale. In Occidente la festa è detta “assunzione” per indicarne il suo passaggio dal mortale all’immortale. L’assunzione è la Pasqua della Vergine. Maria è la prima umana a ricevere pienamente nell’anima e nel corpo la vittoria del Risorto, in quanto Madre di Dio. L’importanza che la festa assunse a partire dai primi secoli gli attribuisce oggi il grado di Solennità a cui ci si prepara con la celebrazione della “quindicina” animata da diversi pii esercizi e forme popolari di devozione verso Santa Maria.

Lo stravolgimento pandemico che non permette, come in passato, queste manifestazione devozionali come le processioni in barca o in terra, se da un lato sembra alienare la fede con le sue manifestazioni di concorso di popolo, dall’altro ci invita a ritornare a quell’essenzialità della fede che ci riporta a riscoprire una spiritualità che va ben oltre il dato folcloristico e devozionale. Infatti, tali manifestazioni sono importanti espressioni che la tradizione della Chiesa e la fede dei nostri padri ci hanno consegnato e che oggi rischiano di svuotarsi di senso, rimanendo forme esteriori di folclore privato dell’elemento essenziale della fede vera. Il Concilio Vaticano II fa notare che «se manca la base religiosa e la speranza della vita eterna, la dignità umana viene lesa in maniera assai grave, come si costata spesso al giorno d’oggi, e gli enigmi della vita e della morte, […] rimangono senza soluzione, tanto che non di rado gli uomini sprofondano nella disperazione» (GS 21).

Dunque, Maria quale icona viva della Chiesa futura e terapia al pessimismo latente della fede personale e comunitaria in questo particolare frangente storico, ci apre nuovi orizzonti di speranza e di certezza. Nel contemplare la Vergine glorificata, i credenti, «ancora peregrinanti e posti in mezzo a pericoli e affanni, fino a che non siano condotti alla patria beata» (LG 62), guardano a Colei che «brilla ora innanzi al peregrinante popolo di Dio quale segno di sicura speranza e di consolazione, fino a quando non verrà il giorno del Signore» (LG 68).

Don Daniele Donato per Condividere

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