Nessuna soggezione. La sensazione di abbracciare un padre buono, che vuole solo il bene dei suoi figli. Incontrare Papa Francesco è un’esperienza che infonde pace nel cuore e genera gioia. Il cerimoniale s’infrange davanti alla sua volontà di guardare negli occhi ciascuno, di lasciarsi abbracciare e di dispensare gesti di tenerezza verso i più piccoli. Siamo partiti da diverse città del Nord Italia e noi dalla Sicilia per vivere il Giubileo degli ammalati e delle persone disabili con amici di Roma e di altri Paesi. Un viaggio non facile, con carrozzine e persone che faticano a camminare.
Ma la stanchezza è stata superata dal desiderio di incontrare il Papa che parla con franchezza, che dice a ciascuno quanto è importante cercare la misericordia del Padre e imparare a viverla in ogni relazione. A gruppi abbiamo vissuto l’itinerario da Castel Sant’Angelo alla Porta Santa di San Pietro, guidati dai nostri assistenti spirituali, don Marco Bove (assistente ecclesiastico nazionale), don Mauro Santoro (per la provincia Un fiume di pace), don Marcello Corbisiero con padre Michele Barone (per la provincia Mari e Vulcani), don Piero Milani (per la provincia di Kimata). Alcuni di noi hanno avuto la possibilità di partecipare alla catechesi nella chiesa di Sant’Andrea della Valle, guidata da monsignor Gèrard Daucourt, vescovo emerito di Nanterre; altri hanno avuto la gioia di ascoltare Francesco al convegno “E tu mangerai sempre alla mia mensa”, nell’aula Paolo VI in Vaticano, per il 25° del settore per la catechesi delle persone disabili, coordinato da suor Veronica Donatello, all’interno dell’Ufficio catechistico nazionale della Cei.
Per la messa della domenica, “Fede e Luce” ha ricevuto un dono grande: sei ragazzi hanno partecipato come ministranti portando i ceri alla consacrazione; altri (con la regia di Alessandra Ruggieri) hanno messo in scena per la prima volta sul sagrato di piazza San Pietro una drammatizzazione mimata del testo del Vangelo; altri, come rappresentanti del movimento a livello italiano e internazionale, hanno preso parte alla celebrazione sul sagrato, con tre fratelli di Salemi, Giampiero, Antonino e Antonella, tutti con disabilità intellettiva. Francesco ha abbracciato ciascuno.
Ha accolto il dono di una piccola lanterna (il nostro motto è «meglio accendere una luce che maledire l’oscurità») e da Antonino, che glielo ha stretto al collo, il foulard simbolo del pellegrinaggio giubilare. È stato bello affidargli i nostri sogni e sentirci ascoltati con attenzione. Ci ha chiesto di andare «avanti così», di mettere in pratica «la terapia del sorriso» e gli abbiamo promesso di farlo perché, come dice lui, «la vera sfida è quella di chi ama di più». L’esperienza del Giubileo ha toccato tanti cuori. Anche quelli di coloro che seguivano da casa, attraverso la tv. E ha gettato nuovi semi. Allo Spirito e al nostro impegno farli crescere.
Paolo Tantaro, presidente “Fede e Luce Onlus” per Condividere