In partenza dall’aereoporto di Venezia nessuno dei 32 ragazzi, me compresa, si figurava un viaggio così ricco e fruttuoso, nemmeno gli animatori che lo avevano programmato ormai da mesi. La dimostrazione di ciò che scrivo è racchiusa nelle lacrime di commozione a fine esperienza che hanno sostituito l’eccitazione iniziale concludendo un percorso sulla legalità di una settimana (4-12 agosto) a Mazara del Vallo. L’aeroporto Falcone-Borsellino di Palermo con questo nome così importante ci ha accolti e introdotti in una Sicilia per molti inesplorata e per alcuni già nota. Sono abbastanza certa, però, di non azzardare troppo dicendo che nessuno aveva mai spulciato la sua cultura, i costumi e le abitudini di una regione così espansiva e calorosa quanto assopita sotto un sole che talvolta acceca di fronte a piaghe serie e longeve come il fenomeno mafioso (che riscontriamo anche in Veneto dove è forse la nebbia ad offuscare la vista ai cittadini…). La nostra permanenza presso la Fondazione San Vito Onlus, braccio operativo della Caritas diocesana, è stata varia e sempre accattivante nonostante i ritmi piuttosto serrati della tabella di marcia che, per abbracciare più esperienze possibili (didattiche e di svago) era stata studiata ad hoc.
Il nostro arrivo ha portato vita nello stabile in cui trova sede la Fondazione stessa e che, in quanto tendenzialmente disabitato, viene sfruttato per accogliere gruppi di volontari come noi. Nello specifico, le occupazioni che nel corso delle mattinate ci hanno impegnato comprendevano la raccolta di pietre e sassi da un terreno coltivato ad origaneto, vigneto e uliveto gestito dalla fondazione dopo la sua confisca ad un condannato per mafia di Campobello; la tinteggiatura di una mensa per persone meno abbienti a Salemi, l’aiuto in cucina per la preparazione delle prelibatezze (che da buoni veneti abbiamo assaggiato e apprezzato) di Lucia e Annamaria che gestiscono ormai da qualche anno l’agriturismo “Al ciliegio” costruito sempre in un lotto confiscato a mafiosi nel comune di Salemi; il controllo qualità e l’imbustamento dell’origano prodotto da Francesco, il gestore vero e proprio delle coltivazioni sopra citate di Castelvetrano, e infine lavori vari di pulizia dei locali interni presso lo stabile della fondazione. Il volontariato non ci ha certo impedito di godere delle bellezze territoriali che a due passi da noi si estendevano sotto forma di isole, spiagge, scogliere, valli come Selinunte impregnata di storia a tratti ancora palpabile tra le colonne e le mastodontiche rovine dei templi antichi. Così il piacere della scoperta si è mescolato al dovere dell’informazione a cui sono stati dedicati tutti i momenti liberi delle giornate o addirittura dei pomeriggi interi: testimonianze di vita e di lavoro ci hanno fornito validi esempi di impegno giornaliero per fermare non solo la mafia, ma soprattutto la grande “macchina del fango” fatta di società omertosa e manodopera che la alimenta e le dà corpo.
Don Francesco Fiorino, ad esempio, ex presidente (per ben 12 anni) della Fondazione, ha fronteggiato più volte situazioni degenerate a causa di interventi mafiosi compreso il duro colpo di vedere un bene ricevuto in consegna dopo la confisca, carbonizzato dal fuoco doloso di chi lo possedeva prima. Fabio Messina, invece, vice questore aggiunto di Trapani, nell’integrità di ogni giorno si adopera per portar via, a morsi di giustizia, terra sotto i piedi di Cosa Nostra condannando, confiscando e (mezzo non meno potente) raccontando ai giovani in cosa consiste il suo lavoro, quali valori costituiscono il suo perno per non scoraggiarsi ad educare per primi i suoi figli all’onestà, alla limpidezza, alla legalità e quindi alla gestione del loro futuro. Per non farci mancare nulla, alle sei di un pomeriggio caldo come tutti gli altri ci è stato dato di incontrare il Vescovo di Mazara monsignor Domenico Mogavero, paradigma vivente del connubio troppo spesso solo letterario del cittadino-credente: la religione cristiana condanna il mafioso come ogni altro criminale e, essere cittadino obbediente alla legge significa essere all’origine un buon cristiano, non esistono infatti cristiani autentici che scavalchino la giustizia per fame di potere, comando o vendetta com’è proprio delle organizzazioni criminali che spesso si affidano al culto dei santi e della Madonna appropriandosi, ancora una volta in modo illecito, di una fede fine a se stessa e sterile (come più volte anche don Fiorino aveva sottolineato).
Fra Mauro invece, palermitano d’origine ed ora parroco “di strada” ha spostato la nostra attenzione sulle sue iniziative di attivazione sociale che non ama definire “contro la mafia” bensì “alternativa” da essa: in posti come il quartiere di Catanisinni, dove ha abitato per anni e di cui abbiamo osservato insieme qualche scorcio, si deve poter conoscere un’alternativa sana e valida a cui appoggiarsi, cui fare riferimento e ovviamente prendere parte espandendola a macchia d’olio. Uno spazio speciale nelle nostre memorie se lo è però guadagnato la signora Vilma Angileri, attuale presidente della Fondazione e nostra guida negli impegni quotidiani, figura accogliente e il più possibile presente, nonché fonte di qualche avventura per animatori e animati inesperti di strade siciliane! Con la sua gentilezza ci ha accompagnati durante il percorso insegnando a tutti che le responsabilità non devono scavalcare le persone e che il tempo dedicato agli altri, anche quando si è in perdita, è sempre tempo speso meglio di chi guadagna, ma solo per sé.
Un simile amore per la propria terra e soprattutto per chi la popola, noi ragazzi l’abbiamo riconosciuto anche nelle storie di vita e purtroppo di morte di molti grandi esponenti della lotta per la legalità: a partire da Pio La Torre, passando per Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Rita Atria, don Pino Puglisi, Rosario Livatino, Peppino Impastato, fino a Roberto Saviano e don Luigi Ciotti. Di ognuno di questi pilastri intramontabili abbiamo conosciuto le storie in un riassunto sempre diverso a seconda dei luoghi di provenienza, delle professioni, dei caratteri, ma non uno di loro si è piegato all’ingiustizia che serpeggia, si camuffa di legittimità, che c’è ma non si vuol vedere; non uno di loro ha mai rallentato il passo mentre calpestava a piedi nudi, rischiando la vita, questa discarica a ciel sereno che potrà anche essere nascosta agli occhi, ma la cui puzza impregna le narici e, sempre più, toglie l’aria, soffoca i boccioli, ragazzi della mia età, rode un futuro non troppo lontano che ci crollerà addosso se non ci sforzeremo a educare all’onestà, alla trasparenza, alla moderazione, alla legalità.
Silvia Baita
GLI ALTRI RACCONTI/1
Il giorno 4 agosto un gruppo di 31 ragazzi provenienti dalle parrocchie del Vicariato di Mogliano Veneto, di cui 4 da Conscio, Mirko Bonotto, Sebastiano Fadel, Massimiliano Vanzo e Giorgio Criveller, e 3 educatori Crisitano Vanin, Chiara Carnio e Matteo Cescato, hanno partecipato ad un campo scuola a Mazara del Vallo (Trapani) sulla mafia e sulla legalità. Durante la settimana i ragazzi hanno lavorato su terreni, immobili sequestrati alla mafia, raccogliendo pietre o a ritinteggiare un agriturismo confiscato alla mafia. Ai giovani adolescenti di età compresa fra i 18 e 19 anni, ogni giorno, veniva presentato un personaggio che ha pagato con la propria vita, l’essersi messo contro la mafia. Fra i tanti ricordiamo: I giudici Falcone e Borsellino, don Pino Puglisi, Peppino Impastato. Il gruppo poi ha partecipato anche a degli incontri con il vice questore di Trapani Fabio Messina, il Vescovo di Mazara monsignor Domenico Mogavero e fra Mauro.
«È stata una settimana di ascolto, sorrisi, parole, riflessioni—dice Giorgio Criveller, uno dei ragazzi che hanno partecipato all’esperienza— Una settimana in cui noi ragazzi abbiamo avuto l’opportunità e il privilegio di conoscere da vicino una terra che sembra spesso troppo distante dalla nostra, ma che ci ha accolto come nessuno di noi si sarebbe aspettato. Abbiamo visto splendidi luoghi, esplorato realtà, ma soprattutto incontrato persone. Persone che ci hanno fatto riscoprire la bellezza della semplicità, persone che lavorano e accolgono senza quella paura e diffidenza che anche noi avremmo avuto. Persone che si impegnano senza riserve perché sanno che è dall’attivo di ognuno che si combatte una realtà come la mafia».
“Mafia”, una parola che fa paura a tanti, e che si serve della paura per dominare. A noi sembra così distante, e forse proprio per questo la consideriamo una forza inarrestabile, che agisce nel silenzio. Ma vista da vicino, nel suo contesto sociale, è un’organizzazione criminale come tante altre, che si accresce però ogni volta che un individuo collabora con essa nel coprire la verità. Vedendola da vicino, dalle parole del vice questore Messina, abbiamo capito che l’obiettivo del mafioso non è altro che il potere, il controllo sugli altri, il denaro. Concretamente, il più grande danno che si possa fare alla mafia non è catturare un boss, ma confiscarne i beni. Pensata così, la mafia non è più una forza inarrestabile, ma un sistema volto a intaccare la limpidezza della verità. Abbiamo riflettuto, in questa settimana, pensando anche a situazioni più vicine a noi, di come la verità ci renda liberi. È stata questa consapevolezza che ha spinto persone comuni come Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Pino Puglisi, e tanti altri che abbiamo conosciuto in questa esperienza a opporsi al sistema mafioso, pagando anche con la vita.
Ed è la stessa consapevolezza che accompagna le semplici ma grandi persone incontrate in Sicilia a prestare il loro servizio, e che dovrebbe accompagnare ognuno di noi ad agire nella legalità che è libertà. Una parola va spesa per l’accoglienza che le persone del luogo (soprattutto della Fondazione San Vito) hanno riservato per tutti. Infine un ringraziamento speciale va fatto anche per i cuochi ovvero Carla Criveller, Paolo Minto e Giovanna Toniolo, che con pazienza, bravura hanno sfamato più di 40 bocche, preparando buonissime prelibatezze. Secondo l’impressione di tutti, è stato un campo divertente, emozionante, nella speranza che questo possa essere di buon auspicio per i prossimi campi estivi.
Giorgio Criveller e Matteo Cescato
GLI ALTRI RACCONTI/2
Ai ragazzi del vicariato di Mogliano Veneto è stata offerta una grande opportunità: lavorare per una settimana nelle terre confiscate alla mafia. Trentadue ragazzi di terza, quarta e quinta superiore insieme a un valente team di educatori si sono recati a Mazara del Vallo la prima settimana di agosto e, ospitati dalla Fondazione San Vito Onlus, hanno avuto la possibilità non solo di rendersi utili aiutando nelle varie attività quotidiane ma anche di ascoltare la testimonianza di persone che lottano quotidianamente per la legalità. Il lavoro manuale ha permesso a questi ragazzi di sentirsi parte attiva nel tentativo di cambiare il proprio Paese, e tuttavia questo non è stato l’unico beneficio: infatti in questa settimana la relazione che si è instaurata fra persone provenienti da regioni così distanti e con culture e tradizioni differenti ha posto in evidenza la superficialità di pregiudizi che molte volte inquinano l’animo di entrambe le parti.
Quindi questa esperienza è stata ricca di opportunità di crescita che i ragazzi hanno colto al volo. I ritmi serrati che hanno dovuto affrontare non li hanno spaventati perché consci di essersi messi a disposizione per una giusta causa: la mattina questi giovani volontari si cimentavano nella raccolta di pietre per la costruzione di muretti a secco, nel cucinare piatti tipici siciliani e nell’aiutare con la gestione delle strutture della Fondazione. Nel pomeriggio invece visitavano i dintorni di Mazara scoprendo le meraviglie che questa terra ha da offrire e incontravano personaggi di spicco come parroci impegnati nell’aiutare ragazzi di strada, il vice questore, il Vescovo e don Francesco Fiorino, ex presidente. Se legalità è stata sicuramente una parola chiave di questa settimana deve essere necessariamente accompagnata da amicizia, cibo, tradizioni, cultura, confronto, scambio e ricchezza di una terra che non ha smesso e non smetterà mai di arrendersi.
Beatrice Sartori