Anche nella nostra Chiesa, come in tutte le Chiese del mondo è in corso la fase sinodale dell’ascolto. Che cosa si ascolta? La Chiesa che si racconta! Siamo nella fase “narrativa” di un cammino sinodale che si concluderà nel 2025 e che vede intrecciarsi la fase “universale” di quest’anno con le altre due, “sapienziale” e “profetica” che riguarderanno nei prossimi due anni il cammino di tutte le Chiese che sono in Italia. È molto importante questa fase narrativa, propedeutica alle due successive. Nell’intenzione di Papa Francesco è un modo per educarci alla sinodalità, cioè al camminare insieme.
Il Papa sta chiedendo a tutte le Chiese su cui esercita la sollecitudine pastorale come successore di Pietro: «Come camminate insieme nella vostra Chiesa?». Sembra una domanda elementare, ma è difficile dare una risposta, perché è difficile camminare insieme agli altri, attendere i più lenti che spesso vengono lasciati indietro o non tenere il passo con altri che sono andati più avanti. È una questione legata all’individualismo che da sempre segna la natura umana e che fa parte della struttura complessa di quel “peccato originale” di cui portiamo le tracce. Nella mancanza dell’abitudine al camminare insieme, si fa anche fatica a uscire dalla propria e individuale visione di Chiesa. Ciascuno ne ha una che non sempre delinea la natura vera della Chiesa così come la troviamo in Lumen Gentium e in tutti gli altri documenti del Vaticano II.
Dopo quasi sessant’anni dalla chiusura del Concilio riconosciamo che abbiamo fatto fatica a metabolizzarli e che abbiamo ancora una visione di Chiesa che corrisponde al passato, più o meno glorioso, che non c’è più. Il Papa dice che nella Chiesa c’è un virus mortale, più letale del Covid: il clericalismo, che non attacca solo i “chierici” ma anche i laici. Un virus antico che predilige il potere al servire, nullificando il comando del Signore. Anche di questo siamo invitati a “raccontare”: ciò che accade nella nostra vita di cristiani e nella nostra Chiesa locale. Le risposte a questi inviti, del racconto e dell’ascolto sono timide. Non soltanto nella nostra Chiesa, dove in verità il maggior entusiasmo lo manifestano i laici e le aggregazioni laicali, ma anche gruppi esterni alle dinamiche ecclesiali formati dai cosiddetti “lontani”: cristiani anagrafici che si sono allontanati per scandali, delusioni, conflitti… che credono in Cristo ma constatano le incoerenze della Chiesa, a tutti i livelli. Ci si sta impegnando perché la dinamica narrazione-ascolto tocchi la vita almeno di tutte le parrocchie e che ne diventi lo stile.
Il camminare insieme è sinonimo di “comunione”, e questa implica la “partecipazione” attiva alla vita della “comunità cristiana” che spesso è tale solo di nome. Il Signore non ci ha lasciato una fede individualistica, ci ha lasciato la Chiesa in cui si vive la fede per la “missione”, che è il terzo grande tema di questo sinodo mondiale di cui potremo vantarci di essere stati protagonisti: è un evento unico, in cui tutti i fedeli sono interpellati perché sia sempre più chiara la consapevolezza che tutti, in Cristo, siamo un solo corpo. Si sta cercando di raggiungere tutte le parrocchie, che sono i gangli vitali della Chiesa diocesana; dopo due anni di isolamento pandemico si avverte anche la necessità di entrare in relazione comunionale e superare lo scoraggiamento che ci ha segnati.
Il Sinodo è l’occasione per tornare a parlarci, ascoltarci, programmare insieme la difficile missione che si prospetta in questo tempo culturale così nuovo ed epocale: per recuperare i giovani, che vedono la Chiesa lontana dai loro bisogni e aspettative, così come tutti quelli verso i quali siamo “in debito di ascolto”. Tra questi ultimi, senz’altro, le altre confessioni cristiane, per cui perdura un doloroso stato di divisione, e le altre confessioni religiose come i musulmani che sul nostro territorio ci vivono accanto senza che si possa dire ci sia un dialogo sereno e fattivo. L’équipe sinodale diocesana è al lavoro, al servizio dello strumento sinodale, dono fragile e potente a un tempo, grazia di Dio in vasi di creta, da cui dipende la missione della Chiesa nel terzo millennio. Il Sinodo è di tutti perché la Chiesa è di tutti e Cristo è di tutti. La sua riuscita richiede l’impegno di tutti per il bene di tutti.
don Leo Di Simone per Condividere