Il figlio ventunenne si è suicidato la notte tra il 24 e il 25 marzo 2014. Il grandissimo dolore di un genitore (El Grinta) che sopravvive al proprio figlio, più propriamente di un figlio che sceglie di togliersi la vita a soli 21 anni, è diventato un libro: Giuseppe (edizioni Albatros), un tomo di 569 pagine ma davvero scorrevoli e che si leggono tutte d’un fiato, che sarà presentato giovedì 8 novembre presso la Fondazione San Vito Onlus [LEGGI QUI]. Il racconto, con l’obiettivo dichiarato di onorare la memoria di Giuseppe, cerca di capire le cause del disagio giovanile che portano poi al suicidio, attraverso frammenti della breve vita che si mescolano a momenti di vita del presente dell’autore. Bisogna precisare Giova precisare che Giuseppe è stato un ragazzo tormentato, con enormi dubbi sulla sua identità, al punto di diventare a volte un’altra persona e cioè Noemi, che, alla fine, non ha retto a questa bipolarità.
Le colonne portanti del romanzo (dove trova molto spazio anche la narrazione delle emozioni dell’autore) sono perciò fondamentalmente queste due: l’identità di genere e il disagio giovanile che porta all’auto distruzione. Giuseppe è il racconto importante, necessario, urgente di un padre che insegue suo figlio oltre il confine, invalicabile, della morte, ma è anche la voce di due generazioni alla ricerca di nuove coordinate per incontrarsi in un tratto di presente mutevole, fluido e scarso di punti di riferimento.
QUI L’INTERVISTA A EL GRINTA REALIZZATA DA TELECOLORE
Con Giuseppe questo padre riesce a ridare senso alla sua esistenza ed a “resuscitare” il figlio almeno in ispirito: scritto con l’unico obiettivo di ritrovare la sua compagnia, tra l’altro in coincidenza di una separazione dalla moglie avvenuta dopo 23 anni di matrimonio, e solo con la sommessa speranza di potere innalzare una cappella al Cimitero con i proventi conseguenti ai diritti di autore (“è la mia morfina” scrive già nelle prime pagine), nel giro di circa 2 anni – la prima edizione è di maggio 2016 – di fatto, cambia vita.