Perché proprio “INcenDIO”? Don Alberto Ravagnani, durante la sua catechesi del secondo giorno, ci ha ben spiegato il perché della scelta di questo tema parlando a proposito di un fuoco che brucia in noi o che spesso ha bruciato in passato e di cui oggi rimane solo qualche resto, o che magari avremmo accesso grazie a questa esperienza. Ma come si fa a mantenere questo fuoco vivo? Come si può eventualmente riaccendere una fiamma che ormai è spenta? La risposta è apparsa chiara in questi giorni: con le relazioni vere e con le amicizie che accomunano tutti noi ragazzi che cerchiamo qualcosa più grande di noi e che sia in grado di darci delle risposte. Risposte che ci permettano di raggiungere una pace o una serenità che siano autentiche e non solo passeggere distrazioni, insomma: la felicità. Proprio lì, a Loreto, insieme a “Fraternità”, abbiamo trovato quella felicità: una felicità che non si ferma al solo raggiungimento di un obiettivo ma che va oltre qualsiasi cosa e che rimane per sempre perché deriva dal rapporto con Dio.
Un’altra testimonianza significativa è stata quella offertaci da padre Guilherme, dj portoghese conosciuto in tutto il mondo per la sua vocazione alla musica. Ci ha dato la possibilità di sperimentare una nuova modalità di preghiera e comunione: attraverso l’intrattenimento e la musica ci ha fatto ballare per più di due ore durante il “White party”. «Dal momento che infatti non ci è possibile conoscere in maniera fisica lo Spirito Santo, né Dio, né Gesù la preghiera può nascere anche dall’arte. La mia è la musica», queste sono state le sue parole.
Ed è assolutamente vero! Possiamo veramente metterci in relazione con Dio mettendo a frutto il nostro talento, qualsiasi esso sia. A che scopo tutto questo? «Adesso come fuoco partiremo per il mondo, e canteremo la parola ad ogni uomo»: così si legge ancora tra le righe dell’inno. Durante l’ultima messa, infatti, ci è stato affidato un compito ben preciso, un mandato. Siamo dei nuovi missionari che per l’appunto hanno uno scopo: non far spegnere il fuoco che questa esperienza ha acceso in noi ma, al contrario, mantenerlo vivo e cercare di accenderlo nei cuori degli altri: amici, familiari, conoscenti o chissà anche sconosciuti.
Durante questi tre giorni abbiamo sperimentato il vero essere Fraternità, in comunione con Cristo. Sono stati momenti colmi di intesa, amicizia e gratitudine per ogni cosa e per ogni persona che ci circondasse perché: «senza amici non possiamo essere felici». Vi è adesso una fiamma in ognuno di noi che arde e che ha lasciato un segno indelebile nei nostri cuori. Adesso tocca a noi metterci in gioco e, come ci suggeriva don Alberto, avere coraggio, curiosità, confronto, compagnia ma soprattutto ricordarci di rimanere in Lui, Cristo, senza Cui non sarebbe stato possibile vivere tutto questo. Tenere a mente tutto ciò è fondamentale e siamo pronti a scommettere in noi stessi e a mettere in gioco qualsiasi cosa pur di mantenere questo fuoco vivo e perché, nel fare Chiesa, si possa generare un vero e proprio “INcenDIO”.
Egle Montalbano e Giada Almerico per Condividere