Nel ministero sacerdotale ed episcopale, mi sono chiesto di frequente qual è il volto di don Tonino Bello che più mi piacerebbe imitare e proporre alla gente. Le risposte che affiorano alla mente e al cuore sono diverse, a seconda delle provocazioni esistenziali, culturali e pastorali incontrate. Don Tonino ha saputo misurarsi con ogni tipo di relazione: me ne rendo conto soprattutto in questo tempo della mia prima Visita pastorale alla Diocesi di Trapani vissuta all’insegna della ricerca dei volti. Ricordo l’emozionante confessione di una catechista cui avevo proposto di leggere qualcosa di don Tonino durante il difficile passaggio da un parroco all’altro. Ella riprese il cammino di fede con sorprendente, rinnovato entusiasmo. Ricordo i giovani affascinati dai “cavalli della pace”: la preghiera, l’audacia, la convivialità e l’esodo, di cui don Tonino parlò nel 1987, quando fu invitato a tenere una relazione sulla non violenza in una società violenta. Incapace di “fare un discorso in abito da sera”, egli raccontò la parabola del cavallo di Samarra: uno scudiero del re di Bassora (Iraq) si allontana in fretta dalla sua città, sperando di evitare la morte e va a Samarra, dove appunto l’aspetta la morte.
Don Tonino anche oggi ci fa riflettere sui cavalli di morte della nostra civiltà e provoca a cercare i cavalli che portano a Gerusalemme, città della pace: la preghiera, perché chi prega ha le mani sul timone della storia; l’audacia della parola (parresia), cioè la franchezza nel dire cose proprio nel nome del Vangelo; la convivialità, che va oltre la giustizia (“a ciascuno il suo”) e fa scoprire che la pace è mangiare il pane insieme con gli altri senza separarsi; l’esodo dalla cultura dell’accaparramento, della volontà di dominio, che è anche il potere sulle coscienze e sui poveri. Questo vale – dice don Tonino – «anche per noi sacerdoti, che esercitiamo un potere morale. Come Chiesa non dovremmo cercare legami con il potere, non dovremmo prostituirci»; dobbiamo abitare «i sotterranei della storia, non i palazzi dei potenti». Ricordo la conclusione di quella relazione. È una preghiera: «Fammi scorgere, o Signore, il tuo volto, il tuo volto, Signore, io cerco». Don Tonino attualizza: «Il tuo volto, fratello, io cerco, fammi vedere il tuo volto». In questo modo troveremo «non soltanto le radici, ma anche gli alberi, i rami, le fronde, i fiori, i frutti della non-violenza». In questo modo saliamo anche noi sulla “nave-scuola” «da cui impartiscono lezioni di pace Gandhi, Luther King, Tillich, Capitini, La Pira, Lanza del Vasto, Helder Camara, don Milani, Bobbio, Bettazzi e cosi via».
Il volto di don Tonino ha contribuito molto affinché la Puglia diventasse un vero “ponte lanciato verso l’Oriente”, come auspicava il Papa San Giovanni Paolo II. Quel ponte ci interessa ancora: la Sicilia è chiamata a essere ponte tra il Nord e il Sud del mondo. Anche noi vogliamo costruire ponti e non muri, come hanno scritto gli alunni di una scuola media inferiore di Alcamo quando mi hanno accolto nei giorni scorsi durante la Visita pastorale. È un ponte culturale e morale che vuole agganciare tutte le realtà che combattono la mentalità e il codice di tutte le mafie. Don Tonino così si esprimeva: «Nel vecchio codice mafioso un affiliato diventa uomo d’onore solo quando dimostra di saper uccidere. Quando dimostra, cioè, che per lui il freddo calcolo degli interessi prevale sulla sacralità della vita umana. Anche un clan, perché possa sancire il dominio su un territorio, deve dimostrare, in modo simbolicamente efficace, di saper uccidere l’avversario nel cuore del proprio spazio. Finora è stato sempre così. Col sangue si è edificata la città. Uccidendo, cioè. Nel convincimento di possedere valori più grandi della vita. Solo così si crea la legittimazione di fronte alla storia».
Ancora oggi molti pensano di possedere valori più alti della vita. Bisogna abbandonare il codice della morte ed entrare nel codice della vita e della legalità. Esso, insieme alla fede, si fa ponte verso il futuro, come continuamente ci ricorda Papa Francesco. Se la Chiesa diventa asilo di chi cerca riposo e riparo nel passato, non ci si può meravigliare del fatto che i giovani le voltano le spalle e cercano il futuro presso ideologie e utopie di salvezza, che promettono di riempire il vuoto che la nostra paura ecclesiale lascia libero. Noi cristiani viviamo un’autentica religione del futuro, che permette sempre un nuovo inizio, grazie «al messaggio fuori moda del perdono dei peccati». Con la fede in Cristo risorto – ci ricorda Papa Francesco dalla tomba di don Tonino – «tornano i germogli di risurrezione. Ogni giorno nel mondo rinasce la bellezza, che risuscita trasformata attraverso i drammi della storia».
Monsignor Pietro Maria Fragnelli per Condividere
Vescovo di Trapani