Dopo aver ripercorso a grandi tappe la storia dell’Istituzione del Sinodo dei Vescovi nei primi secoli della Chiesa, ci siamo resi conto che esso germina spontaneamente fin dai primi tempi, non solo per risolvere dei problemi comuni alle Chiese locali, ma principalmente come espressione di quella sinodalità e collegialità episcopale che costituiscono l’anima della Chiesa stessa. E sono proprio queste istanze che cominciano ad emergere con forza nel corso del Concilio Vaticano II, a suggerire a papa Paolo VI una vigorosa ripresa dell’istituto del Sinodo. Prima di tutto una nuova visione della Chiesa come comunione, che la colloca all’interno del mistero trinitario e la fa partecipare alla medesima circolarità, superando almeno nella dottrina una Chiesa gerarchica e verticistica.
Tuttavia questa ecclesiologia non fu pienamente esplicitata dall’assise conciliare, prova ne è il fatto che non si fu in grado di sviluppare fino in fondo una dottrina ecclesiologica fondata sulla categoria centrale della communio, che avrebbe condotto lo stesso Concilio a riconoscere e ad approfondire il vincolo che lega tra loro le Chiese locali che costituiscono la Chiesa universale. Infatti i termini astratti quali sinodalità, conciliarità e collegialità non sono rinvenibili ancora nei documenti del Concilio, ma solo il termine concreto collegio e l’aggettivo collegiale. Insieme a questa nuova ecclesiologia, si vanno affermando altre istanze nell’assemblea Conciliare, come il desiderio di trovare modi concreti con cui i Vescovi possano prestare aiuto al ministero petrino del Papa. Raccogliendo questi aneliti papa Paolo VI, con il motu proprio apostolica sollicitudo, istituisce il 15 settembre del 1965 il Sinodo dei Vescovi, anticipando il decreto conciliare christus Dominus del 28 ottobre 1965.
Le più autentiche intenzioni di Papa Montini ispirano gli auspici di Papa Francesco e l’effettivo andamento del Sinodo straordinario sulla famiglia. Significativa a questo proposito la scelta di Francesco di beatificare Paolo VI alla conclusione del Sinodo straordinario, indicando con chiarezza il ritorno alla visione ecclesiologica conciliare di Papa Montini, con particolare considerazione per il dialogo come parola-chiave per la Chiesa nel mondo contemporaneo. è proprio questa dinamica dialogica, questo nuovo modo di procedere, la novità più importante a cui abbiamo assistito. Il Papa ha chiesto a tutti i Padri sinodali di esprimere con libertà e franchezza le proprie opinioni senza alcun timore, ponendosi lui stesso a garanzia di questa libertà e al contempo dell’ortodossia. A questo si aggiunga la consapevolezza più volte ribadita che il Sinodo è uno “spazio protetto” all’interno del quale opera lo Spirito santo, e che l’azione della grazia mediata dall’esercizio della collegialità, deve avere i connotati di assoluta trasparenza e chiarezza. è evidente l’intenzione da parte del Papa di evitare qualunque manipolazione.
Ricordiamo infatti che «per desiderio di Papa Francesco le votazioni sui singoli punti sono state rese pubbliche», ha spiegato il portavoce della Santa Sede, padre Federico Lombardi. «Il Papa ha chiesto che si pubblicassero i voti, per trasparenza e chiarezza, con voti favorevoli o non favorevoli numero per numero». Queste scelte di metodo hanno creato un’atmosfera davvero inedita che rende l’ultima assemblea del Sinodo dei Vescovi davvero straordinaria. Il discorso finale che papa Francesco ci ha consegnato al termine dell’Assemblea sinodale non fa che confermare questa totale apertura allo spirito sinodale: «Cari fratelli e sorelle, ora abbiamo ancora un anno per maturare, con vero discernimento spirituale, le idee proposte e trovare soluzioni concrete… Un anno per lavorare sulla relatio Synodi che è il riassunto fedele e chiaro di tutto quello che è stato detto e discusso in questa aula e nei circoli minori. E viene presentato alle conferenze episcopali come Lineamenta».
A cinquanta anni dalla istituzione, il prossimo autunno 2015 si riunirà la 14ª Assemblea ordinaria del Sinodo dei Vescovi e tutta la Chiesa si augura che essa possa svolgersi, in questo spirito di vera circolarità e di comunione, che cum petro e sub petro, è l’unica garanzia dell’assistenza dello Spirito Santo che continua a guidare la Chiesa in modo indefettibile.
Don Vincenzo Greco