Sarausana jè, è il grido che i 48 portatori del simulacro della Santa Patrona lanciano lungo tutto il percorso della processione di Santa Lucia. E se le processioni fin dall’inizio dei tempi denotano la religiosità di un popolo, questo grido esprime chiaramente quale è il profondo legame che c’è tra la nostra concittadina Santa Lucia e il popolo di Siracusa: si evince subito l’identificazione che il popolo manifesta con la sua santa Patrona.
E questa è effettivamente la prima percezione che si ha: i siracusani sono convinti che la Santa da sempre si è preoccupata di proteggere “fisicamente” la città. Tanto che già nelle varie “passioni” (nate tra i secc. VII e IX), che narrano della sua vita e del suo martirio, si fa dire a sant’Agata: «Come per me è ricolma di grazie la città di Catania, così per te sarà preservata la città di Siracusa!». Questa “fede/fiducia” è manifestata più chiaramente nella festa della prima domenica di maggio, si tratta infatti di una festa soltanto siracusana: S. Lucia re quagghi (delle quaglie).
Si ricorda in forma solenne l’evento prodigioso avvenuto nel 1646. Durante una delle tante carestie che hanno segnato gran parte della Sicilia in quel secolo, la festa ricorda l’arrivo in porto, a causa di una improvvisa tempesta al largo, di una nave (per la storia; di tre navi per la tradizione!) carica di grano che aveva altra destinazione. In quel periodo difficile il Vescovo della città per un verso aveva messo a disposizione dei più poveri una parte dei suoi beni, per l’altro aveva indetto una novena particolare a Santa Lucia facendo esporre per l’occasione il nuovo simulacro argenteo della Santa.
Si narra che durante la celebrazione del pontificale una colomba sia entrata in Cattedrale e si sia posata sulla cattedra del Vescovo e poco dopo sia arrivata la notizia del grano arrivato al porto! Si raccontano tanti altri fatti, accaduti nel corso dei secoli e più o meno attestati storicamente, legati a questa protezione, manifestatasi in occasione di guerre e di terremoti. A questo proposito è molto significativo che ancora qualche anno fa, in occasione del terremoto accaduto nel siracusano nelle prime ore della notte del 13 dicembre 1990, già nella mattina del 13 si fosse sparsa in giro per la città la “voce” che qualcuno aveva visto una giovane ragazza vestita di bianco proteggere la Cattedrale durante il terremoto, che in Diocesi ha fatto vittime e danni! Pur trattandosi certamente di qualcosa di inventato, questo fatto dimostra che il legame tra Santa Lucia e la città è “viscerale”. Come tutti sappiamo, da una parte Siracusa è il capoluogo della provincia considerata “babba!” (in relazione alla mafia, ma purtroppo tanti indicatori dicono che non è così!) e dall’altra viene definita ‘sciroccata’ (per lo scirocco marino presente molti mesi dell’anno!) e, purtroppo, si deve prendere atto che questo aspetto “sciroccato e di scarso entusiasmo” si manifesta in tutta la vita cittadina.
Quindi è proprio sorprendente che, per il 13 dicembre, festa canonica, e per l’ottava, la lunga processione, prima dalla Cattedrale al Sepolcro e poi viceversa, sia partecipata da una moltitudine di persone e da intere famiglie che sui marciapiedi si lasciano infiammare e rispondono viva Santa Lucia al grido di Sarausana jè, mentre molti uomini e donne, per lo più ordinatamente, “fanno la via” spesso senza scarpe. La Chiesa Siracusana ha profuso nel tempo tanto impegno per motivare teologicamente questo legame tra la Santa Patrona e la città di Siracusa; questo si può rilevare anche in una delle antifone dei primi vespri della solennità, ancora oggi molto partecipati da fedeli e sacerdoti: «Per te vergine Lucia, Siracusa riceverà decoro dal Signore Gesù Cristo».
don Salvatore Marino, docente stabile di Storia della Chiesa presso ISSR “San Metodio” di Siracusa