Quali furono le civiltà che abitarono lungo le sponde del fiume Mazaro? Cosa segnò, nei tempi antichi, questo fiume – oggi quasi prosciugato – che dalle fonti di Rapicaldo (nel territorio comunale di Salemi) arriva, lungo la Val di Mazara, sino alla città del Satiro? L’Università di Vienna, dopo un primo saggio nel 2004, è tornata a studiare il letto e le sponde del fiume Mazaro, ripercorrendolo dalla foce sino all’origine. Stavolta è stata effettuata una prospezione geofisica dei confini, con un progetto del Dipartimento di archeologia preistorica e storica dell’Università di Vienna, finanziato dal Fondo austriaco di ricerca scientifica (FWF), che ha consentito di sapere cosa c’è sotto – a 3,4 metri di profondità – le fortificazioni trovate.
Le ricerche sono state avviate nel gennaio 2016 per esplorare la diversità dell’uso e dell’occupazione lungo il corridoio del fiume, tra l’interno e la zona costiera della Sicilia occidentale da un punto di vista paesaggistico. A essere monitorata è stata una zona di 70 km2: «Abbiamo esplorato tutto il corso del fiume come potenziale zona di interazione e di confine tra interessi costieri, interni, indigeni e coloniali dall’età del bronzo fino alla fine della prima guerra punica del 241 a.C.» ha spiegato Cipriano Frazzetta, archeologo mazarese che lavora presso l’Università di Vienna. Un lavoro di ricerca avanzato svolto con l’utilizzo di apparecchiature particolari di prospezione archeologica integrata: la scansione laser aerea, la prospezione geofisica, l’indagine geoarcheologica, quella di superficie (svolta in collaborazione con il Pam con sede a Partanna) e l’analisi di fonti storiche.
«Il progetto– spiega sempre Frazzetta – documenta e ricostruisce l’uso del territorio in età moderna e storica. Ma abbiamo analizzato anche l’uso del territorio in specifici siti archeologici che si trovano lungo le sponde del fiume». Come, ad esempio, quello prossimo all’area di Guletta, sulla riva destra del fiume. Già nel 2004, sempre l’Università di Vienna (in quel caso fu l’Archivio aeriale), identificò una grande struttura fortificata a Guletta. I risultati preliminari della corrispondente analisi di superficie e degli artefatti mostrano una miscellanea di materiali di uso domestico prodotti e importati localmente nei diversi periodi, alcuni dei quali sono simili a quelli presenti in altri insediamenti della regione come Selinunte, Mozia e Monte Polizzo. All’attività di ricerca hanno partecipato come partner l’Università di Napoli “Suor Orsola Benincasa”, la Soprintendenza per i beni culturali e ambientali di Trapani, l’Istituto “Ludwig Boltzmann” per la prospezione archeologica, “Archeologia Virtuale” e “Archeo Prospezioni”.
Max Firreri